ISPER HR Review
Settimanale sul mondo HR
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ISSN 3035-4420 - ISPER HR Review [Sitoweb in aggiornamento settimanale]
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Il divieto di fumo, per quanto attiene i luoghi ove siano impiegati lavoratori subordinati, sussiste in primo luogo come conseguenza dell’obbligo di osservanza della normativa in tema di sicurezza e igiene sul lavoro che grava sul datore di lavoro che è tenuto a rendere effettivamente vigente in azienda il divieto di fumo.
Ma, sotto il profilo disciplinare, fino a dove può spingersi un datore di lavoro nei confronti di un dipendente che sia stato colto a fumare all’interno dei locali aziendali, violando la disciplina vigente?
Una sentenza della Corte di Cassazione che affronta con rigore una questione ricorrente nel contenzioso giuslavoristico: la validità del patto di prova in relazione all’indicazione delle mansioni che ne costituiscono oggetto.
Il caso di specie prende le mosse dal ricorso di una lavoratrice licenziata per mancato superamento del periodo di prova, che lamentava la genericità del patto in ordine alle mansioni affidate, sostenendo la non corrispondenza tra quanto indicato nel contratto e le attività effettivamente svolte.
In un tempo come quello attuale di profondi cambiamenti, questo volume si propone di offrire al lettore chiavi di lettura e possibili strategie di azione per le complesse sfide che le organizzazioni e le persone si trovano ad affrontare: dall’accelerazione della trasformazione digitale alle crescenti pressioni da parte degli stakeholders sui temi della sostenibilità ambientale e sociale, dal ruolo sempre più decisivo dei social media nei processi di comunicazione all’evoluzione del significato dell’esperienza del lavoro, dalla compresenza nelle organizzazioni di più generazioni caratterizzate da identità molto differenziate ai veloci e spesso imprevedibili cambiamenti del quadro economico e geopolitico internazionale.
Leggi tuttoLa Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: “La nozione di mobbing (come quella di straining) è una nozione di tipo medico-legale, che non ha autonoma rilevanza ai fini giuridici e serve soltanto per identificare comportamenti che si pongono in contrasto con l'art. 2087 cod. civ. e con la normativa in materia di tutela della salute negli ambienti di lavoro”.
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Con l’ordinanza n. 13748/2025, la Cassazione conferma il licenziamento per giusta causa di una lavoratrice responsabile di molestie sessuali verbali ai danni di un collega.
La Corte valorizza il rispetto della dignità personale come fondamento del rapporto di lavoro, richiamando l’art. 2119 c.c., la normativa antidiscriminatoria e il codice di condotta aziendale.
Il potere disciplinare, anche in assenza di precedenti, trova giustificazione nella tutela dei diritti fondamentali e nella necessità di garantire un ambiente di lavoro sicuro e rispettoso per tutti.