ISPER HR Review
Settimanale sul mondo HR
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“Pappagalli stocastici”.
Così Emily Banter e colleghi hanno caratterizzato i Large Language Models (LLM): sebbene in grado di generare testi apparentemente coerenti e plausibili, essenzialmente si limitano a collegare probabilisticamente parole e frasi.
Come dei pappagalli, appunto, ripetono contenuti basati su dati di addestramento, senza una vera comprensione.
I LLM, o modelli di linguaggio su larga scala, sono avanzati sistemi di intelligenza artificiale progettati per comprendere (con i limiti sopra esposti) e generare linguaggio umano in risposta a input forniti dagli utenti, sfruttando algoritmi di apprendimento automatico e reti neurali.
La vicenda in esame, recentemente scrutinata dalla Suprema Corte di Cassazione e che ha suscitato dibattiti non solo nella comunità scientifica - giuslavoristica, ma nell’intero mondo “HR”, muove da un licenziamento disciplinare, irrogato nel 2019 da parte di una società per azioni nei confronti di una lavoratrice, cui era stato contestato di aver pubblicato, sul proprio profilo Facebook, una serie di frasi diffamatorie ed offensive, sia nei confronti della società datrice di lavoro, sia nei confronti della persona dell’amministratore delegato della medesima.
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Parlare di sessismo oggi non significa solo affrontare comportamenti apertamente discriminatori, ma anche comprendere e disinnescare quei piccoli gesti e atteggiamenti che, pur senza dolo, generano effetti negativi profondi sulle persone e sulle organizzazioni.
Gli ambienti di lavoro, che dovrebbero essere luoghi di crescita e valorizzazione del talento, rischiano spesso di amplificare stereotipi di genere attraverso dinamiche culturali che passano inosservate.
La Corte di Cassazione ha recentemente affermato che: “In mancanza di informazione da parte del datore di lavoro, in un contratto a tempo determinato sia “ordinario” che stagionale, del diritto di precedenza di cui gode il lavoratore, pur in presenza di un obbligo, seppur non sanzionato, nasce, in favore del lavoratore, un diritto al risarcimento del danno la cui determinazione è rimessa al giudice del merito”.
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Un lavoratore può essere licenziato a seguito della sua condanna in sede penale per fatti commessi nell'esercizio delle sue funzioni.
Tale risoluzione del rapporto di lavoro dovrà avere natura disciplinare e rispettare i generali requisiti di:
• immediatezza e specificità della contestazione;
• garanzia del diritto di difesa del lavoratore;
• tempestività nella comminazione del provvedimento disciplinare espulsivo, a seguito della condanna riportata in sede penale o anche prima della sentenza, se il datore dispone di elementi sufficienti per procedere in sede disciplinare, senza dover attendere la decisione del Giudice penale.