
Patto di prova e richiamo al CCNL: validità e limiti
Commento alla sentenza Cass. civ., Sez. lavoro, 9 giugno 2025, n. 15326
La sentenza della Corte di Cassazione n. 15326 del 2025 affronta con rigore una questione ricorrente nel contenzioso giuslavoristico: la validità del patto di prova in relazione all’indicazione delle mansioni che ne costituiscono oggetto.
Il caso di specie prende le mosse dal ricorso di una lavoratrice licenziata per mancato superamento del periodo di prova, che lamentava la genericità del patto in ordine alle mansioni affidate, sostenendo la non corrispondenza tra quanto indicato nel contratto e le attività effettivamente svolte.
I fatti di causa
La lavoratrice, assunta da una cooperativa sociale con un contratto a tempo indeterminato, aveva sottoscritto un patto di prova che menzionava, tra le mansioni affidate, quelle di "operatrice di contact center e di back office", richiamando il CCNL per le cooperative sociali e, in particolare, la categoria C1.
Dopo alcune settimane di lavoro, impiegata presso la società Alfa per attività legate all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, la lavoratrice veniva licenziata per esito negativo della prova.
Da qui la contestazione, fondata sull’assunto che le mansioni assegnate fossero incongruenti rispetto a quelle previste dal profilo contrattuale richiamato nel patto, generalmente attinente all’area socio-assistenziale.
Sia il Tribunale che la Corte d’appello di Roma avevano rigettato il ricorso, ritenendo sufficiente il richiamo operato al contratto collettivo e al profilo professionale.
La lavoratrice ricorreva in Cassazione, deducendo la violazione dell’art. 2096 c.c., per mancata specificazione delle mansioni e, quindi, nullità del patto di prova.


La decisione della Corte
La Suprema Corte rigetta il ricorso, ribadendo un principio già consolidato nella sua giurisprudenza: la causa del patto di prova, cioè l’interesse comune delle parti a sperimentare la reciproca convenienza al contratto di lavoro, può dirsi validamente tutelata a condizione che le mansioni oggetto della prova siano specificamente indicate, anche per relationem, mediante richiamo a profili professionali contenuti nella contrattazione collettiva (Cass. n. 3451/2000; Cass. n. 11722/2009; Cass. n. 9597/2017; Cass. n. 27785/2021; Cass. n. 5264/2023: questa decisione rileva che “Il patto di prova apposto ad un contratto di lavoro deve contenere la specifica indicazione delle mansioni che ne costituiscono l'oggetto, la quale può essere operata anche con riferimento alle declaratorie del contratto collettivo, sempre che il richiamo sia sufficientemente specifico e riferibile alla nozione classificatoria più dettagliata, sicché, se la categoria di un determinato livello accorpi un pluralità di profili, è necessaria l'indicazione del singolo profilo, mentre risulterebbe generica quella della sola categoria”).
Nel caso specifico affrontato da Cass. 5264/2025, qui citata e trascritta, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la corte del merito, in riforma della pronuncia di primo grado, nel ritenere illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore controricorrente per nullità del patto di prova apposto al contratto di assunzione in quanto privo del requisito della forma scritta non contenendo alcuna descrizione delle mansioni oggetto dell'esperimento, nemmeno nella forma del richiamo alle declaratorie della contrattazione collettiva, aveva dichiarato estinto il rapporto di lavoro alla data del predetto recesso e condannato il datore di lavoro ricorrente al pagamento della indennità risarcitoria pari a dieci mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
Nel caso in esame, secondo la Corte, il contratto di assunzione faceva riferimento in modo chiaro e dettagliato al profilo professionale "C1" - "operatore tecnico dell’assistenza" - del CCNL per le cooperative sociali.
Inoltre, venivano esplicitate mansioni coerenti, quali il contact center e il back office, ritenute compatibili con il profilo richiamato.
L’indicazione del livello contrattuale e della declaratoria del profilo, quindi, sarebbe stata sufficiente a integrare il requisito della “specificità” delle mansioni.
Rileva la Corte, infine, come la ricostruzione fattuale operata dai giudici di merito sia insindacabile in sede di legittimità, trattandosi di doppia conforme e mancando la dimostrazione di un vizio logico-giuridico nel ragionamento seguito.
Considerazioni conclusive
La sentenza si inserisce nel solco di un orientamento giurisprudenziale costante, secondo cui il patto di prova è valido anche quando le mansioni oggetto della prova sono indicate attraverso un richiamo preciso alle declaratorie del contratto collettivo, purché tale richiamo sia sufficientemente specifico da evitare ambiguità.
Di particolare rilievo è l’esplicita riaffermazione del principio per cui non è necessaria un’elencazione puntuale e descrittiva delle singole attività, qualora il rinvio a un profilo professionale sia dettagliato e univoco.
È altresì confermata la necessità di distinguere tra il richiamo a una generica categoria (in sé insufficiente) e quello al singolo profilo professionale, che consente di individuare le mansioni con chiarezza.
Sul piano applicativo, la decisione ha il pregio di fissare criteri utili per la redazione dei contratti di assunzione, evitando soluzioni formalistiche ma garantendo nel contempo trasparenza e certezza nei rapporti di lavoro.
Appare altresì evidente che la Cassazione intenda disincentivare contenziosi fondati su pretese vaghezze terminologiche, laddove il contesto contrattuale e collettivo offra un’adeguata cornice interpretativa.
In sintesi, la sentenza valorizza un equilibrio tra tutela delle parti e certezza contrattuale, riaffermando il principio per cui la funzione del patto di prova, quale strumento di verifica della convenienza reciproca, non deve essere sacrificata a vantaggio di un formalismo sterile, purché i diritti delle parti siano comunque salvaguardati.
Articolo scritto per "ISPER HR Review" - n° 257 del 8 Luglio 2025 - da Pasquale Dui e Luigi Antonio Beccaria
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Frecce: elaborazione su foto di Veronica Bosley da Pixabay