Area
Amministrazione Personale

Topic
Gestione Rapporto Lavoro

Adlabor

N° 262

28 ottobre 2025

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I messaggi Whatsapp del lavoratore possono provare la gravità della malattia ai fini della formazione del periodo di comporto?
La parola alla Cassazione

Il contesto in cui si colloca la sentenza della Suprema Corte n. 26956 del 7 ottobre 2025 è quello di un giudizio instaurato da un lavoratore per far dichiarare l’illegittimità del licenziamento per avvenuto superamento del periodo di comporto previsto dalla contrattazione collettiva di settore.

Il dipendente in questione asseriva, infatti, di soffrire di una patologia grave, comunicata ai suoi responsabili tramite messaggi della chat Whatsapp, per cui, in base alle disposizioni del CCNL di settore applicabile, i giorni di malattia riconducibili a tale patologia avrebbero dovuto essere espunti dal periodo di comporto o ricadere in un periodo di comporto “più ampio” e, quindi, più favorevole al lavoratore.

La Corte di cassazione ha rilevato, in primo luogo, come tutta la documentazione medica inviata dal lavoratore in azienda durante il periodo di assenza per malattia era risultata essere priva dell’indicazione di “patologia grave che richiede terapia salvavita”.

Secondo i giudici di legittimità, la suddetta dicitura non costituiva (e non costituisce) un mero dettaglio burocratico, ma è fondamentale per permettere al datore di lavoro di distinguere una malattia ordinaria da una condizione di particolare gravità, con la conseguente attivazione delle tutele ad hoc previste dal contratto collettivo, prima fra tutte proprio l’esclusione dei giorni di assenza per malattia “grave” dal computo del periodo di comporto.

Il principio interpretativo coniato dalla Suprema Corte per individuare le patologie che consentono una deroga ai normali criteri di computo del periodo di comporto sono quelle che richiedono terapie salvavita, ossia percorsi terapeutici connotati dalle seguenti caratteristiche:

  • la gravità della condizione patologica;
  • la necessità di trattamenti che siano indispensabili alla sopravvivenza del paziente;
  • essere fondamentali per il miglioramento della qualità della vita del malato, pur non essendo legati a un immediato rischio per la vita.

Pertanto, secondo la Suprema Cortecome ragionevolmente può comprendersi (nell'ottica di escludere che sia attribuito al datore di lavoro l'onere di classificare e qualificare il tipo di patologia sofferta dal lavoratore), il lavoratore è tenuto ad inviare la certificazione medica dalla quale risulti la sopravvenienza di una patologia grave che richieda una terapia salvavita”.

Tuttavia, ai fini della qualificazione di malattia grave secondo la sentenza n. 26956/2025 non può essere attribuito nessun valore di carattere medico-legale allo scambio di messaggi Whatsapp tra il dipendente e il responsabile del dipendente stesso, con cui si era stato comunicato l'andamento е la natura della malattia.

Infatti, sia la Corte d’Appello sia la Cassazione successivamente, hanno ritenuto tale modalità di comunicazione del tutto inadeguata, giungendo alla conclusione di definire le siffatte comunicazioni digitali del lavoratore come “frammentarie” e prive del necessario valore medico-legale, dell’ufficialità e della completezza che caratterizzano un certificato medico.

La Corte territoriale, secondo apprezzamento di merito insindacabile in questa sede di legittimità, ha rilevato come tutta la documentazione medica inviata dal lavoratore in azienda durante il periodo di assenza per malattia era priva della indicazione "patologia grave che richiede terapia salvavita", sottolineando, correttamente, che nessun valore di carattere medico-legale poteva essere attribuito allo scambio di messaggi whatsapp tra il lavoratore e il Responsabile di filiale con cui si comunicava l'andamento e la natura della malattia”.

Il lavoratore che è affetto da una malattia particolarmente grave che non concorre alla formazione del periodo di comporto non può, quindi, comunicare all’azienda il proprio stato di salute tramite frammentari messaggi di whatsapp.

Secondo i precetti di cui alla sentenza n. 26956/2025, quindi, la corretta gestione delle assenze per gravi patologie comporterà: da un lato, l’onere per il lavoratore di comunicare il proprio stato patologico attraverso canali formali e con documentazione medica completa e precisa; dall’altro, un’attenta quanto rigorosa valutazione da parte del datore di lavoro dei criteri che definiscono una malattia meritevole del regime contrattuale-collettivo “agevolato” in tema di periodo di comporto.


Articolo scritto per "ISPER HR Review" - n° 262 Ottobre 2025 - da Adlabor Studio Goffredo e Associati - Partner ISPER

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Frecce: elaborazione su foto di Veronica Bosley da Pixabay