
Lavoratori impatriati: il trattamento fiscale della NASpI
L’Agenzia delle Entrate ha recentemente risposto ad un interpello relativo all’assoggettamento fiscale della NASpI.
La risposta è stata catalogata al n. 228/E del 1 settembre 2025, dove vengono forniti, da parte dell’Agenzia, i necessari chiarimenti.
Situazione del lavoratore
Premesso che l’Istante ha dichiarato che nel mese di aprile del 2022, ha trasferito la residenza in Italia rientrando dall'estero dopo sei anni; fino al mese di settembre del 2023, ha lavorato come dipendente per una società fruendo, sussistendone i requisiti, del regime speciale per lavoratori impatriati previsto dall'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
A seguito della cessazione del rapporto di lavoro, ha percepito, da ottobre del 2023 e fino ad agosto del 2024, l’indennità mensile di disoccupazione “NASpI”; in data 11 settembre 2024, non avendo trovato un nuovo impiego in Italia, si è trasferito nuovamente all'estero iscrivendosi all'A.I.R.E.
Tutto ciò premesso viene chiesto se «la NASpI percepita nel 2024 possa essere considerato reddito agevolabile ai sensi dell'art. 16 del D.Lgs. 147/2015, in quanto derivante da un precedente rapporto di lavoro dipendente per il quale era già attivo il regime degli impatriati».
La risposta dell’Agenzia delle Entrate
L’articolo 5 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209 (recante “Attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale”), in vigore dal 29 dicembre 2023, ha introdotto il “nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati” che si applica ai contribuenti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), a decorrere dal periodo d’imposta 2024.
Il “nuovo regime” sostituisce il previgente regime speciale per lavoratori impatriati di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, 147, le cui disposizioni, tuttavia, continuano ad applicarsi nei confronti di coloro che hanno trasferito la residenza “anagrafica” nel territorio dello Stato italiano entro il 31 dicembre 2023.
Di conseguenza, poiché, in base a quanto rappresentato, l’Istante dichiara che ad aprile del 2022 ha «trasferito la residenza in Italia, rientrando dall’Irlanda dopo sei anni», nel caso specifico troverà applicazione il regime speciale per lavoratori impatriati di cui al citato articolo 16 del citato decreto legislativo n. 147 del 2015.


Condizioni per applicare l’agevolazione
La norma appena richiamata stabilisce che, verificandosi le condizioni e i requisiti previsti alternativamente dal comma 1 o dal comma 2, i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo ed i redditi di impresa prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono nel territorio dello Stato la loro residenza ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, concorrono a formare il reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare a decorrere dal periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale e per i quattro periodi d’imposta successivi.
Per accedere al regime speciale per lavoratori impatriati, la norma in esame presuppone, tra l’altro, che il soggetto non sia stato residente in Italia per i due periodi di imposta precedenti al trasferimento e si impegni altresì a permanervi per almeno due anni, a pena di decadenza dall’agevolazione.
In merito al regime speciale in questione, sono stati forniti specifici chiarimenti, tra l’altro, con le circolari n. 17/E del 23 maggio 2017 e n. 33/E del 28 dicembre 2020 nonché con numerose risposte ad interpelli.
In linea con la finalità della norma tesa ad agevolare i soggetti che si trasferiscono in Italia per svolgervi la loro attività lavorativa il regime speciale per lavoratori impatriati risulta applicabile ai soli redditi (di lavoro dipendente, assimilati a quelli di lavoro dipendente, di lavoro autonomo e di impresa) che, prodotti nel territorio dello Stato, concorrono alla formazione del reddito complessivo del contribuente secondo le ordinarie disposizioni del TUIR.
In sostanza, come chiarito dai citati documenti di prassi, l’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 individua come lavoratori “impatriati” diverse categorie di beneficiari, caratterizzate da specifici requisiti soggettivi, accomunate dalla circostanza di trasferirsi in Italia al fine di svolgervi una attività “lavorativa” produttiva di redditi agevolabili.
In particolare, la citata circolare n. 17/E del 2017 ha precisato che la misura in questione è finalizzata ad agevolare le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia per svolgervi un’attività lavorativa prevedendo una tassazione più favorevole dei redditi di lavoro dipendente, di quelli assimilati ai redditi di lavoro dipendente, dei redditi di lavoro autonomo e di quelli d’impresa prodotti in Italia nonché delle «somme conseguite in sostituzione dei suddetti redditi, le quali, ai sensi dell’articolo 6 del TUIR, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti».
Al riguardo, come chiarito dalla circolare ministeriale del 23 dicembre 1997, n. 326 (cfr. paragrafo 1.5), «tutte le indennità e le somme o i valori percepiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente o equiparati a questi (ad esempio, la cassa integrazione, l’indennità di disoccupazione, la mobilità, la indennità di maternità, etc.), […], sono assoggettabili a tassazione come redditi di lavoro dipendente».
In merito proprio alle “prestazioni a sostegno del reddito”, la circolare n. 9/E del 14 maggio 2014 ha precisato (cfr. paragrafo 1.3) che le «somme percepite dai lavoratori a titolo di cassa integrazione guadagni, indennità di mobilità e indennità di disoccupazione costituiscono proventi conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente e, in base al comma 2 dell’art. 6 del TUIR, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti».
Pertanto, le indennità e le somme in questione (erogate dall’INPS o da altri enti, sostituti d’imposta) sono sostitutive di “redditi di lavoro dipendente” e, agli effetti dell’IRPEF, costituiscono, per il contribuente percipiente, redditi di tale categoria, imponibili secondo le regole proprie stabilite per i redditi sostituiti.
Ciò premesso, con riferimento alla fattispecie oggetto dell’istanza in esame si osserva che la “Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI)” di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, costituisce una «indennità mensile di disoccupazione […] avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione».
Dette somme, quindi, non sono corrisposte a fronte dello svolgimento di una attività lavorativa da parte del percipiente ma presuppongono la cessazione del rapporto di lavoro e, pertanto, non soddisfano il requisito richiesto dalla normativa in esame diretta ad agevolare i redditi derivanti dallo svolgimento di una attività lavorativa in Italia da parte di soggetti che vi trasferiscono la residenza fiscale.
Conclusione
Per le suesposte considerazioni, le somme percepite dall’Istante a titolo di NASpI nel 2024, non rientrano tra quelle ammesse al regime speciale per lavoratori impatriati di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, e vanno assoggettate a tassazione per l’intero importo.
Articolo scritto per "ISPER HR Review" - n° 261 del 22 ottobre 2025 - da Luigi Rodella
Immagine di apertura: elaborazione su Foto generata con ChatGPT
Frecce: elaborazione su foto di Veronica Bosley da Pixabay