Area
Cultura delle Risorse Umane

Topic
Psicologia del Lavoro

Luigi Spadarotto

N° 199

21 febbraio 2024

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Non sono tempi per decisioni facili

Il contributo qui sintetizzato1 tratta il tema delle conseguenze inattese delle decisioni e l’improprio comportamento opportunistico che può associarsi all’intricato e conflittuale contesto in cui le scelte, operate in vari campi delle attività umane, sono promosse e attuate.

Infatti appare scontato pensare che laddove esistano forti contrapposizioni, soprattutto ideologiche, le decisioni debbano scontare sia la difficoltà di elaborazione delle premesse, sia l’incertezza nella specificazione degli obiettivi, ma anche affrontare ostacoli imprevisti nella attuazione dei processi realizzativi ad esse conseguenti, rendendo imprevedibili le occorrenze “supplementari” che accompagnano il raggiungimento dei traguardi predeterminati.

In generale, venendo meno il puntello delle granitiche utopie socio politiche germogliate nell’‘800, ogni evento o circostanza che riveli almeno una doppia interpretazione della sua esistenza si trasforma, allorché sia maneggiata, in un aspro conflitto socio-politico. Abbiamo così radicali contrapposizioni tra ambientalisti “green” e conservatori del modello di sviluppo attuale; fautori del regionalismo differenziato e nazionalisti integrali; europeisti convinti, a prescindere dalle convenienze, e isolazionisti che sottolineano i disagi della appartenenza alla Comunità Europea; tifosi del MES e nemici della sua approvazione; filopalestinesi e amici di Israele.

E poi l’immarcescibile contrasto tra “la Sinistra e “la Destra”.

Il decisore, immerso in tali dispute, non potendo usufruire in modo conclusivo di teorizzazioni scientifiche incontestabili, è costretto a fondare le sue scelte sulla plausibilità delle proprie intenzioni e sulla induzione, più o meno trasparente, di aspettative favorevoli all’indirizzo da lui proposto.

Non di meno, riprendendo studi sociologici stagionati, ma pur sempre affidabili, le decisioni attuate in questi frangenti non solo scontano il realistico scarto tra l’obiettivo preposto e il risultato ottenuto, ma devono contemplare la presenza di conseguenze impreviste o decisamente infauste.

Alla decisione, qui considerata un soggetto agente, vediamo sempre più frequentemente associarsi il fenomeno perverso dell’opportunismo, inteso come lo sfruttamento (immorale o illegale) delle condizioni generate dalla attuazione responsabile di una scelta ponderata.

Assunti della decisione

Assodato che gli esiti distonici siano costitutivi di una decisione che ricade soprattutto nel dominio delle Scienze Umane e, segnatamente, in quello politico, è conseguente specificare la diversa natura delle conclusioni riscontrabili.

Senza pensare di esaurirne le varianti esse potrebbero essere definite come segue:

  1. Effetti Attesi e conformi al progetto;
  2. Effetti non previsti avversi o perversi;
  3. Effetti inattesi ma favorevoli;
  4. Effetti ipotizzabili non dannosi ma non assimilabili ai propositi iniziali;
  5. Effetti ipotizzabili dannosi e di conseguenza non auspicabili.

Nella temperie ambigua e subdola in cui ci muoviamo verrebbe da inserire anche la variante

  1. Effetti nocivi successivi e preordinati.

Inoltre considerando il substrato morale dei propositi del Decisore e attingendo al repertorio sociologico di Max Weber e relativi epigoni, possiamo dedurre che costui, nel dar corso ai suoi disegni, possa abbracciare “l’etica delle buone intenzioni” (ciò che deve essere fatto non è discutibile poiché il proposito è per l’attore intrinsecamente adeguato), oppure “l’etica della equità, o evangelica”, ma anche “l’etica della responsabilità” (l’attore valuta la natura e le conseguenze parallele della sua decisione, e infine “l’etica della sostenibilità” (l’attore decide solo quando è in grado di definire le probabilità del successo della sua iniziativa per sfuggire alla natura ansiogena dell’incertezza).

Alla casistica etica si può abbinare la tipologia di intenzioni che, sempre secondo il sociologo tedesco, informano le azioni finalizzate di un attore sociale.

Come è noto esse sono distinte secondo che lo Scopo sia razionalmente perseguito in ragione della sua plausibilità e confortato dalla validazione che oggi diremmo scientificamente comprovata.

Oppure che l’agire razionale sia avviato all’insegna di un Valore, concepito come approdo assoluto e indiscutibile.

Altrettanto razionale si vuole che sia l’azione mossa da una emozione travolgente o da un impulso incoercibile.

Forti della precedente suffragata tassonomia abbiamo messo a confronto, in una tabella riassuntiva2, gli orientamenti etici dell’attore impersonale e le sue azioni variamente finalizzate, con gli esiti più probabili conseguenti ad una specifica decisione, al fine di consentire, a chi volesse, l’analisi dei presupposti di questo atto particolare collegati ad un evento importante giudicato anomalo.

Opportunismo e parassitismo figli degeneri delle decisioni

È abbastanza facile constatare che a ridosso dei processi avviati con una specifica decisione, fermentino iniziative con le quali agenti poco ben intenzionati tentino di godere dei vantaggi emersi dalla esistenza dei risultati ottenuti, senza aver punto contribuito alla loro realizzazione.

Siffatto atteggiamento “interessato” è qualificato come Opportunismo, che vogliamo qui designare come godimento, gratuito o quasi, di servizi pubblici messi faticosamente e onerosamente a punto da una macchina organizzativa allestita in seguito ad opportune scelte operate da Centri d’azione responsabili.

Allorché siffatto atteggiamento opportunista non si manifesti in episodi saltuari, ma si radicalizzi fino a diventare un fattore quasi istituzionale all’interno dei grandi Sistemi di Pubblico Servizio, parleremo di Parassitismo e in particolare di Parassitismo pubblico.

La descrizione di casi che riflettono questo vergognoso atteggiamento appare quasi quotidianamente nelle cronache dei giornali o viene riportata con dovizia di particolari nei servizi di inchiesta di alcune emittenti radiofoniche e televisive3.

Alcune forme di parassitismo organizzativo sono più odiose di altre e il cittadino curioso e forse ingenuo si chiederà che cosa renda così difficile, stante la diffusione del fenomeno, la loro rimozione.

La ricerca della causa preponderante di siffatta devianza richiederebbe ben altra competenza e autorevolezza di quelle in possesso di chi scrive.

Non di meno, vorremmo almeno proporre, attingendo alla nostra esperienza professionale e al lavoro di studiosi di prestigio, uno schema di analisi che tenti di dar ragione della influenza esercitata dal contesto socio-culturale e dalle agenzie ivi dominanti, nel determinare gli effettivi comportamenti distonici di coloro che operano all’interno degli apparati pubblici, a prescindere dai compiti prettamente organizzativi che è richiesto loro di assolvere4.

In sintesi

Non è un mistero che esistano in Italia aree socio-culturali in cui la tendenza al parassitismo è più pervasiva e che essa rappresenti un connotato tipico delle popolazioni colà residenti, la qual cosa, oltre ad accentuare i contrasti di mentalità che, giocoforza, indeboliscono il procedimento decisionale, soprattutto nella sfera politica, occulta i tentativi di portare alla luce codesta poco onorevole anomalia e di debitamente reprimerla con la norma apodittica della legge.


Documento di approfondimento

Luigi Spadarotto-Prendere decisioni nel tempo delle contrapposizioni e dei sotterfugi


Note

  1. Questo articolo è infatti la versione ridotta di un più corposo e documentato lavoro sullo stesso tema che il lettore potrà consultare approfittando dell’apposito rinvio collocato qui sopra.
    In quel testo si troveranno i riferimenti bibliografici, sitografici e emerografici che sostengono le considerazioni ivi svolte.
  2. Il lettore troverà, dispiegata, la tabella qui citata nel testo di collegamento già menzionato, insieme con la descrizione di alcuni casi rivelatori.
  3. Nel mini-saggio al quale rinviamo, si troverà qualche esempio di siffatta prassi immorale che sembra essersi stabilmente impiantata nel nostro Paese.
  4. Nel testo cui rinviamo forniamo i riferimenti minimi necessari per rendere più esplicito il nostro ragionamento.
    Lo schema al quale qui si allude dovrebbe rendere un po’ conto del perché un Sistema fondato su obiettivi necessariamente comuni ed estesi territorialmente (uno fra tutti i LEA del SSN) e rifornito di risorse economiche assegnate per legge in modo congruo, dia luogo a risultati così differenti a seconda che esso sia attivo in aree diverse del Paese.

Articolo scritto per "ISPER HR Review" - n° 199 del 21 Febbraio 2024 - da Luigi Spadarotto

Immagine di apertura: elaborazione su foto di Arek Socha da Pixabay
Frecce: elaborazione su foto di Veronica Bosley da Pixabay