Area
Diritto del Lavoro

Topic
Risoluzione Rapporto Lavoro

Pasquale Dui e Luigi Antonio Beccaria

N° 198

21 febbraio 2024

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Dimissioni per "mutamento di posizione" nella contrattazione collettiva dirigenziale

La locuzione "mutamento della propria attività sostanzialmente incidente sulla sua posizione" di cui all'art. 16 del c.c.n.l. dirigenti industria, va interpretata nel senso che ciò che integra la situazione di pregiudizio per la quale la norma contrattuale collettiva appresta la tutela, sotto forma di riconoscimento - in favore del dirigente che risolva, entro 60 giorni, il rapporto di lavoro a seguito del predetto mutamento - di un trattamento pari all'indennità sostitutiva del preavviso spettante in caso di licenziamento, è il (mero) verificarsi dell'effetto giuridico del mutamento della posizione del dirigente nell'organizzazione aziendale, a prescindere dalla configurazione di una modifica in senso peggiorativo del ruolo esplicato dal lavoratore.

Il mutamento di posizione nelle clausole contrattuali

La tutela prevista per il dirigente, nella specifica situazione, definita dalla contrattazione come “mutamento di posizione” (art. 16 CCNL dirigenti industria, art. 24 CCNL dirigenti terziario) e descrivibile, guardando le fattispecie dal lato del dirigente, come dimissioni “privilegiate” o, anche, “qualificate”, si presenta indubbiamente più ampia rispetto a quella derivante dall’applicazione dell’art. 2103 c.c. - sicuramente applicabile anche al lavoro dirigenziale - che assegna, a certe condizioni, al lavoratore il diritto di essere reintegrato nelle mansioni originarie (Trib. Roma 2 maggio 2006).

Secondo il CCNL dirigenti industria, “Il dirigente che, a seguito di mutamento della propria attività sostanzialmente incidente sulla sua posizione, risolva, entro 60 giorni, il rapporto di lavoro, avrà diritto, oltre al trattamento di fine rapporto, anche ad un trattamento pari all’indennità sostitutiva del preavviso spettante in caso di licenziamento”.

Secondo il CCNL dirigenti terziario, “Il dirigente che, a seguito di mutamento delle proprie mansioni sostanzialmente incidente sulla sua posizione, risolva, entro sessanta giorni, il rapporto di lavoro, avrà diritto, oltre al trattamento di fine rapporto, anche all'indennità sostitutiva del preavviso di cui al successivo art. 39, comma 5”.
Nella nota a verbale alla clausola si legge che, “Le parti chiariscono che le disposizioni contenute nel 4° e 5° comma dell'art. 16 (trasferimento), nel 2° comma dell'art. 20 (trasferimento di proprietà dell'azienda) e nell'art. 24 (mutamento di posizione) si applicano solo nel caso in cui l'evento risulti sostanzialmente incidente sulla posizione del dirigente determinando nei confronti di quest'ultimo una effettiva situazione di detrimento”.

In questo senso, la giurisprudenza ha affermato che il mutamento dell’attività, previsto nel settore di riferimento ai fini del conseguimento dell’indennità supplementare, “non presuppone necessariamente un declassamento ai fini dell’art. 2103 c.c.” e, d’altro canto, non integra la fattispecie delle dimissioni per giusta causa (Trib. Torino, 26 gennaio 2001): nel caso di specie, l’azienda aveva richiesto al dirigente un impegno in un ambito professionale del tutto differente da quello in cui operava negli anni precedenti, con ripercussioni rilevanti per quanto attiene ai rapporti inter ed extra aziendali, ma non senza prima aver offerto allo stesso la possibilità di mantenere la gestione di progetti nell’ambito della sua originaria competenza ed ottenere un rifiuto da parte del ricorrente, cosa che ha provocato le reiezione del ricorso.

Negli stessi termini, e per la stessa clausola contrattuale, può richiamarsi una decisione secondo cui la situazione dell’art. 16 settore industria, unica legittimante il diritto alle dimissioni qualificate, “si realizza solo quando la ristrutturazione aziendale sia tale da comportare una effettiva lesione della posizione del dirigente”, e non quando si tratti di una modificazione dell’assetto aziendale, secondo la discrezionale valutazione dell’imprenditore (Cass. 26 maggio 1997, n. 4668). Ancora, può citarsi un’altra sentenza (Cass. 7 febbraio 1997, n. 1154, che richiama, su alcuni passaggi, Cass. 9 aprile 1987, n. 3532, riguardante il contratto industria del 1979), che sottolinea come “presupposto” dell’azione ex art. 2103 c.c. sia “l’affidamento di mansioni inferiori alla qualifica”, a differenza della fattispecie contrattuale, dove occorre focalizzare un “mutamento dell’attività del dirigente che incida sulla sua posizione di lavoro”.

La flessibilità operante nel rapporto dirigenziale

La disposizione contrattuale, comunque, trae spunto dall’accentuata flessibilità operante nell’ambito del rapporto dirigenziale, ove decisioni aziendali intese ad una diversa utilizzazione della professionalità del dirigente, seppure legittime, possono non essere gradite allo stesso e indurlo alle dimissioni.

Occorre, dunque, aver riguardo non tanto alle mansioni contrattualmente previste, o a quelle parametrabili alle ultime effettivamente svolte, ma, piuttosto, ad una valutazione effettiva, caso per caso, della rilevanza riconosciuta ad una determinata “posizione” dirigenziale all’interno della Società.

In questo senso, il dirigente può, quindi, far ricorso alla particolare tutela prevista dalle norme della contrattazione collettiva quando non gli è possibile azionare i diritti di cui all’art. 2103 c.c.

Se si tratta di vero e proprio declassamento (mobilità verticale) può chiedere di essere reintegrato, eventualmente - ove esperibile - attraverso il ricorso alla procedura d’urgenza di cui all’art. 700 c.p.c., nelle mansioni già ricoperte, oppure può dimettersi per giusta causa (ex art. 2119 c.c.), con tutte le conseguenze previste per tale ipotesi, mentre, se il mutamento incide soltanto sulla sua “posizione”, può risolvere - entro in termine indicato dal contratto - il rapporto di lavoro, conservando il diritto, oltre che, naturalmente, al trattamento di fine rapporto ed alle altre competenze finali, anche all’indennità sostitutiva del preavviso, generalmente nella misura - ben più elevata - di quella spettante in caso di dimissioni.

Va da sé che il dirigente deve dimostrare che la nuova collocazione risulta deteriore rispetto a quella ricoperta precedentemente; in particolare, il lavoratore deve circostanziare i fatti o le situazioni che ritiene pregiudizievoli della sua immagine già nella lettera di dimissioni, anche per dar modo all’azienda di valutare l’effettività del pregiudizio lamentato.

Tale soluzione è confermata, per il CCNL terziario, laddove figura una precisa clausola di specificazione del contenuto di quella principale, secondo la quale, come visto sopra, occorre individuare un evento “sostanzialmente” incidente sulla posizione lavorativa e professionale, idoneo a configurare “un’effettiva situazione di detrimento”.

Orientamenti giurisprudenziali

Secondo la giurisprudenza, peraltro piuttosto consolidata e ormai in parte datata, sulla questione definitoria (Pret. Guastalla 15 maggio 1992), rientra nella fattispecie prevista dalle norme contrattuali (nella sentenza si parla del settore industria) l’ipotesi di passaggio del dirigente da unico responsabile della direzione commerciale estero a corresponsabile della medesima, “determinando tale passaggio un mutamento sostanziale della sua posizione e non essendo necessario un mutamento delle mansioni concretamente svolte, che possono rimanere inalterate”.

Il giudice sottolinea, in motivazione, come non sia privo di importanza il titolo della norma contrattuale - “mutamento di posizione” - che sta a significare che si è voluta dare preminenza alla valutazione della posizione intesa come status personale del dirigente all’interno dell’azienda, anziché alle mansioni concretamente svolte, che possono rimanere inalterate, come nel caso di specie, pur variando la condizione professionale del dirigente stesso.

Più in generale, altra giurisprudenza ha avuto modo di affermare che l’accertamento dell’equivalenza (secondo il criterio dell’art. 2103 c.c., vecchio testo), o non, delle diverse mansioni eventualmente poste a confronto, deve tenere essenzialmente conto della “posizione gerarchica aziendale” assicurata dalle mansioni stesse; della qualificazione professionale che le stesse, per l’intrinseco contenuto, comportano; dei poteri e responsabilità complessivi che dalle stesse discendono, mentre rilievo minore va riconosciuto ad elementi “estrinseci”, quali la dimensione delle risorse materiali ed umane in ordine alle quali avviene l’esercizio delle mansioni.

Nel caso di specie, il giudice ha escluso la configurabilità del diritto alle dimissioni, essendo stato accertato che, pur con diminuiti compiti di organizzazione e gestione delle risorse materiali e umane, il nuovo incarico prevedeva impegni tecnicamente più articolati per l’impiego di una tecnologia più sofisticata, sì da doversi escludere una dequalificazione ed, anzi, richiedendo lo stesso un qualche affinamento della professionalità già acquisita (Pret. Reggio Emilia 9 novembre 1991).

Sotto lo stesso profilo (Pret. Milano 2 aprile 1987), un’altra decisione ha stabilito che la posizione del dirigente e la rilevanza del suo ruolo vanno determinate sulla base di una serie di “indici”, che possono essere identificati, in via esemplificativa: - nel fatturato del bilancio amministrativo; - nel numero di persone dipendenti; - nella quantità di settori aziendali affidati; - nella estensione di poteri decisionali e della discrezionalità; - nella maggiore o minore prossimità ai vertici aziendali; - nell’area di diffusione e di ripercussione delle sue decisioni, etc.

Sulla base di tali premesse, il giudice ha stabilito - contratto settore industria 1981 - doversi ravvisare il mutamento di posizione del dirigente che, in seguito ad una ristrutturazione aziendale, è stato invitato ad occuparsi della direzione marketing di alcune riviste, con evidente diminuzione della precedente posizione ricoperta di direttore dei servizi editoriali.

Ancora, in altra fattispecie (Trib. Padova 10 dicembre 2004), la giurisprudenza ha ben specificato che, ai fini della applicabilità dell’art. 16 c.c.n.l. dirigenti, “premesso che non è necessario il demansionamento ex art. 2103 c.c.”, l’accertamento della equivalenza (secondo il criterio dell’art. 2103 c.c., vecchio testo), o non, delle diverse mansioni poste a confronto deve tenere essenzialmente conto: (*) della posizione gerarchica aziendale assicurata dalle mansioni; (*) della qualificazione professionale che le stesse comportano; (*) dei poteri e delle responsabilità complessivi che dalle stesse discendono; “mentre minor rilievo va riconosciuto ad elementi estrinseci quali ad esempio la dimensione delle risorse materiali ed umane in ordine alle quali avviene l’esercizio delle mansioni”.

In questi termini, bene chiarisce Cass., ordinanza, 13 febbraio 2023 (e vedi, concordemente, Cass. 11 settembre 2015, n. 17990), che “In tema di personale dirigente privato, la locuzione "mutamento della propria attività sostanzialmente incidente sulla sua posizione" di cui all'art. 16 del c.c.n.l. dirigenti industria del 23 maggio 2000, va interpretata nel senso che ciò che integra la situazione di pregiudizio per la quale la norma contrattuale collettiva appresta la tutela, sotto forma di riconoscimento - in favore del dirigente che risolva, entro 60 giorni, il rapporto di lavoro a seguito del predetto mutamento - di un trattamento pari all'indennità sostitutiva del preavviso spettante in caso di licenziamento, è il (mero) verificarsi dell'effetto giuridico del mutamento della posizione del dirigente nell'organizzazione aziendale, a prescindere dalla configurazione di una modifica in senso peggiorativo del ruolo esplicato dal lavoratore, costituendo la previsione negoziale uno strumento di tutela per il dirigente esposto ad un ampio arco di mutamenti, legittimi, del ruolo apicale di "alter ego" del datore di lavoro”.


Articolo scritto per "ISPER HR Review" - n° 198 del 21 Febbraio 2024 - da Pasquale Dui e Luigi Antonio Beccaria

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Frecce: elaborazione su foto di Veronica Bosley da Pixabay