Area
Cultura delle Risorse Umane

Topic
Management

Luisa Macciocca

N° 161

19 aprile 2023

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Come valorizzare la diversità nei team multiculturali

La multiculturalità è un dato di fatto.

Descrive la oggettiva compresenza di culture diverse all’interno dello stesso team, della stessa azienda.

Ma la perdita del carattere nazionale della propria cultura a volte causa una crisi di identità, che spesso comporta un vero e proprio shock culturale, che è tuttavia necessario superare se si vuole trovare una nuova identità nella dimensione multiculturale.

I molti studi sui valori culturali nazionali, e sulle loro implicazioni nei rapporti con persone appartenenti a nazioni diverse, mostrano che per le imprese che operano su scala internazionale, la gestione di progetti globali è molto complessa ed è resa più difficile dai contesti culturali in cui si muovono.

Negoziare, collaborare, coordinare, gestire risorse e condurre affari, tutte queste attività mettono in evidenza modalità molto diverse, da Paese a Paese, nel modo di comunicare, di organizzare il lavoro, di gestire i gruppi di collaboratori.

Diventa dunque sempre più indispensabile avere una "bussola" per orientarsi tra le molte differenze culturali che s'incontrano in quel piccolo grande villaggio che è il nostro mondo.

Le ricerche sul campo vengono effettuate da oltre 40 anni, per fornire ai manager suggerimenti di galateo e di bon ton internazionale.

Ma non sono sufficienti.

Occorrono strumenti interpretativi per comprendere le radici della diversità e occasioni di confronto per costruire le nuove relazioni e mettere in atto strategie di comportamento adeguate alle diversità culturali, facilitando tutti i processi legati al business e al management.

La cultura

La ricerca di una unica definizione per la parola Cultura ha impegnato da sempre tutti gli antropologi che si sono dedicati allo studio delle culture.

Si può tornare indietro nel tempo per secoli e arrivare persino all’antica Grecia per trovare traccia di questi studi. Un percorso meraviglioso, ricco di spunti e di riflessioni.

Per quanto riguarda il focus di questo articolo si rimane ad epoca più recente, agli anni ’60, quando Geert Hofstede, pioniere olandese degli studi sulla diversità culturale iniziò un filone di tipo organizzativo, che ha portato ad un rifiorire degli studi sulla materia, ma questa volta finalizzati a fornire alle imprese internazionali modelli interpretativi dei comportamenti messi in atto dai loro manager locali nelle varie filiali sparse in tutto il mondo.

Fu infatti la IBM a finanziare il primo e più importante studio di Hofstede, che fornì le basi per la preparazione dei manager corporate dell’azienda, che sempre più si dovevano confrontare con le realtà locali, pur partendo da una cultura sovranazionale propria dell’azienda madre.

Lo studio confermò il principio che la Cultura è ciò che condividiamo con gli altri, diversa dalla personalità, che è qualcosa di unico, individuale.

La Cultura rappresenta il risultato del modo in cui le persone crescono e si sviluppano lungo tutto l’arco della vita nella loro interazione con gli altri e con l’ambiente.

Per usare la metafora del computer, cara ad Hofstede, la Cultura viene definita come il software che si trova nella mente delle persone, da condividere per poter comunicare in modo efficace con gli altri. Quindi, in questa prospettiva, la Cultura è il risultato di quanto viene condiviso e costituisce le regole non scritte delle interazioni sociali.

Regole non espresse nel dettaglio, ma che rappresentano la struttura di base dello scenario sociale, che include, ad esempio, l’indipendenza, il senso di appartenenza, l’amore, l’odio, il rispetto, la paura, la lealtà e molti altri sentimenti ed emozioni.

Una semplice definizione che deriva da quanto premesso è che la Cultura è l’insieme dei comportamenti condivisi dalle persone che formano un gruppo, che nasce dalla condivisione dei loro valori.

Figura 1

I valori ispirano gli atteggiamenti, che diventano all’occorrenza comportamenti.

L’insieme dei comportamenti definisce la Cultura. Osservando la Cultura si possono comprendere i valori di un team, di un’organizzazione, in un circolo che si autoalimenta incessantemente. Questo pensiero, se pur semplice, mostra però una difficoltà, e cioè quanto può essere complesso il cambiamento culturale.

Cambiamento d’altro canto indispensabile, per le imprese, per emergere con successo dalla competizione internazionale sempre più VUCA (volatile, incerta, complessa e ambigua) e soprattutto rapida, che impone cambiamenti altrettanto rapidi. Ma il cambiamento culturale non è per sua natura rapido, come si è visto, e la resistenza interna rimane il principale ostacolo da superare.

Anche per effetto dei cosiddetti gate keepers, di coloro, cioè, che chiudono i cancelli dell’impresa all’ingresso del nuovo che, per loro, minaccia l’esistenza stessa dei comportamenti adottati da sempre.

I motivi della resistenza sono molti e complessi, psicologici, neurofisiologici, e si possono in parte comprendere esaminando il concetto di intelligenza culturale.

L’intelligenza culturale

È la capacità di comprendere appieno le persone appartenenti a culture diverse.

Essere culturalmente intelligenti significa avere la capacità di adattarsi a sistemi valoriali diversi, mostrare apertura e sincero interesse per la diversità che, se diventa valore, è fonte di arricchimento e prerequisito per ottenere una visione del mondo più ampia.

La curiosità è uno degli elementi che fa superare le resistenze, perchè porta all’ascolto del nuovo, senza pregiudizi.

Fortunatamente per le imprese, la spinta al cambiamento culturale, anche se lenta, è più forte della resistenza allo stesso.

Non è soltanto sopravvivenza, è obiettivo strategico. E quindi le imprese di successo sanno come organizzarsi per raggiungere anche questo tipo di obiettivo.

Inseriscono l’intelligenza culturale nel pacchetto delle competenze di leadership fondamentali non soltanto per i manager, ma per la popolazione aziendale tutta, perché tutti ormai, prima o poi, dovranno lavorare in sinergia con persone che appartengono a nazioni diverse.

L’intelligenza culturale si può misurare.

Esistono questionari, tra cui, ad esempio, il CQ Questionnaire realizzato dal Cultural Intelligence Centre dell’Università del Minnesota.

Dal risultato di questo o di altri questionari e da eventuali interviste di approfondimento vengono delineati i piani formativi per avviare percorsi di sviluppo individuali, di team, dell’organizzazione tutta.

Il cambiamento culturale

Negli anni ’80 la partecipazione a programmi formativi, i cosiddetti Cross cultural management workshop, era riservata ad una élite di manager, ed era quasi sempre inserita nei loro percorsi di carriera e di sviluppo.

La Exxon iniziò questa attività a livello europeo con workshop della durata di 10 giorni, che teneva due volte l’anno al Selsdon Park Hotel & Golf Club di Croydon, nel Surrey o al Mirador Resort & Spa di Vevey, sul lago di Ginevra.

Residenze prestigiose, per allievi prestigiosi, tenuti da una faculty internazionale prestigiosa.

Mentre altre imprese internazionali preferivano investire sui singoli manager con la partecipazione individuale agli altrettanto prestigiosi e costosissimi workshop offerti dall’Insead di Fontainebleau, dalla Harvard Business School o da altre istituzioni dove i visiting professor per lo sviluppo dell’intelligenza culturale erano gli stessi antropologi organizzativi dei workshop aziendali, in particolare Geert Hofstede e Andrè Laurent.

Negli anni ’90 le aziende proseguirono con le stesse impostazioni.

In Europa nasce un corsorzio informale tra le principali aziende aerospaziali europee, su iniziativa italiana (NAME, Network for Aerospace Management in Europe), formato per offrire ai manager delle diverse aziende una occasione unica per sperimentare il cross cultural management con la partecipazione agli European Aerospace Leadership Workshop, sul modello didattico Exxon ma itinerante, organizzato, a turno, due volte l’anno da una delle nazioni del consorzio, sempre come parte di un percorso di carriera e di sviluppo dei manager partecipanti.

Oggi le iniziative per sviluppare l’intelligenza culturale nelle persone sono veramente molte.

Prosegue il ricorso agli enti prestigiosi già citati e ad altri che nel frattempo si sono organizzati per eccellere a livello internazionale, ma sono anche sempre più frequenti le iniziative all’interno delle singole imprese per consentire ad un maggior numero di persone di conoscere e comprendere l’importanza di lavorare insieme nei team multiculturali.

Questo è uno dei modi per affrontare concretamente il tema del cambiamento culturale: diffondere l’esperienza formativa.

Naturalmente sono tante le iniziative e gli strumenti che ogni giorno vengono messi in campo per sviluppare il desiderio del cambiamento in tutte le persone, perché tutti ormai hanno occasioni di lavorare nei team multiculturali.

La globalizzazione prima e il lavoro virtuale dopo hanno di fatto eliminato le distanze, permettendo a persone provenienti da ogni parte del mondo di lavorare insieme, seppure fisicamente separati anche da migliaia di km di distanza.

Facendo parte di una rete globale, tutti devono essere in grado di muoversi all’interno di essa.

Il pensiero degli antropologi organizzativi*

Hofstede, Laurent, Trompenaars, Moran, Adler, Mole, Doz, Meyer …così descritti sembrano i soci di un prestigioso studio legale.

Sono invece esperti internazionalmente riconosciuti sull’argomento del multicultural management.

Ognuno con un punto di vista particolare, ma tutti accomunati nel dire che le differenti attitudini, filosofie e comportamenti delle persone appartenenti a culture nazionali diverse devono essere riconosciuti e valorizzati, a partire dai senior manager che devono elevare la loro consapevolezza verso il contributo fornito dalla diversità al successo dell’organizzazione che guidano.

Hofstede con il suo modello delle 6 dimensioni culturali, Laurent con il suo modello delle culture blu e delle culture verdi, Meyer con la sua Mappa delle culture e le 8 scale di comportamento e gli altri, con i loro modelli, contribuiscono, ancora oggi, a mettere a portata di mano il sogno di una intesa sinergica che nasce proprio dalla diversità.

I passi per attuare un progetto di trasformazione multiculturale

Per realizzare un progetto di trasformazione culturale nella propria organizzazione occorre avere una chiara visione della Cultura desiderata, fare ricerca per conoscere la situazione culturale attuale e pianificare tutta una serie di azioni per colmare il gap.

Le metodologie a disposizione sono le stesse che vengono seguite nei molti progetti di cambiamento che le imprese attuano ormai quasi come prassi gestionale.

Ciò che cambia, nella prospettiva della multiculturalità, è il focus specifico su alcuni aspetti della ricerca:

  • Comprendere come le persone si relazionano ai valori multiculturali della loro organizzazione
  • Scoprire le cause latenti che creano problemi legati alla multiculturalità
  • Verificare che i comportamenti multiculturali delle persone siano di supporto al raggiungimento degli obiettivi e allineati alla nuova visione strategica.

In modo particolare è necessario pianificare attività che, oltre alla gestione positiva e sinergica della multiculturalità, possano garantire la piena inclusione di tutte le persone che provengono da culture diverse.

Nel dettaglio, per sviluppare un luogo di lavoro inclusivo, si possono compiere i passi seguenti:

  1. Creare consapevolezza nel management della necessità di gestire in modo positivo e sinergico la multiculturalità e l’inclusione. Ottenere il supporto reale (sponsorship del progetto)
  2. Attivare un Comitato interfunzionale (con eventuali volontari) per facilitare l’inserimento del Progetto nelle operazioni ricorrenti e basilari dell’organizzazione
  3. Sviluppare il Progetto (Why=obiettivi; Who=destinatari; What=le attività; How=strumenti e modalità; When= tempistiche; Where= in quali luoghi; How much= quanto impegno e quanto impegno economico/budget richiesto; Modalità per valutare i risultati ottenuti)
  4. Pianificare le attività assegnando ruoli e responsabilità
  5. Comunicare a tutta la struttura il progetto per stimolare condivisione e adesione
  6. Monitorare i progressi
  7. Comunicare e celebrare i risultati
  8. Identificare nuove esigenze e opportunità
  9. Riprendere il ciclo dal punto 3.

* Hofstede: per Hofstede la Cultura è la programmazione collettiva della mente che distingue i membri di un gruppo o di una categoria di persone dagli altri.

La sua metafora preferita per la Cultura è il software della mente. Per lui la Cultura non è innata bensì è appresa: deriva dal contesto sociale e poi organizzativo in cui le persone affrontano il loro processo di sviluppo.

Le 6 dimensioni che secondo Hofstede determinano i comportamenti delle persone sono: La Distanza Gerarchica, L’Individualismo, La Mascolinità, L’Avversione alla Incertezza, L’Orientamento a Lungo Termine e L’Indulgenza.

Ogni nazione si muove all’interno di queste dimensioni in funzione dei propri orientamenti valoriali, determinando comportamenti organizzativi diversi (vedi www.geert-hofstede compare countries per l’orientamento culturale delle Nazioni).

Andrè Laurent: è l’autore della teoria delle culture blu e delle culture verdi. Attraverso i suoi studi e l’analisi dei comportamenti di migliaia di manager internazionali ai quali ha sottoposto un questionario sui comportamenti manageriali in 21 situazioni organizzative ha potuto fornire importanti indicazioni culturali.

Le culture blu, di derivazione anglosassone (Nord Europa, Nord America e altri), rappresentano le culture del FARE, quelle verdi, di derivazione latina (Sud Europa, Sud America e altre), quelle dell’ESSERE.

Le altre nazioni al di fuori di queste origini sono suddivise sulla base delle tendenze comportamentali, con le dovute eccezioni comportamentali, senza dogmi.

Alcuni risultati confermano le ricerche di Hofstede, come, ad esempio, l’orientamento all’Individualismo e alla Distanza Gerarchica, altri aggiungono riflessioni come, ad esempio, l’orientamento al cambiamento, alle priorità tra relazioni interpersonali e compiti, all’utilizzo dello spazio di lavoro e dello spazio familiare.

Erin Meyer: è una scrittrice e docente di management interculturale presso l’Insead, che ha pubblicato nel suo libro La Mappa delle Culture il risultato di lunghi anni di ricerca sui comportamenti manageriali.

Oggi è inserita tra i Thinkers50 come una delle persone più influenti al mondo nel pensiero manageriale.

Il libro è una guida basata su otto scale di comportamento: 1. comunicare, 2. valutare, 3. persuadere, 4. guidare, 5. decidere, 6. fidarsi, 7. dissentire e 8. programmare.

Ogni nazione è collocata a un determinato punto delle scale.

Ad ogni comportamento è dedicato un capitolo del libro e vengono indicati gli orientamenti nazionali allo scopo di far comprendere ai lettori gli atteggiamenti prevalenti nelle diverse culture, prevenirli e, possibilmente, contribuire ad evitare i conflitti che nascono dalle incomprensioni.

Lo scopo è aiutare i team a sviluppare una flessibilità culturale, promuovendo l’assenza di pre-giudizio e lo stimolo a guardare le cose da un altro punto di vista.

Interessante il secondo libro No rules rules scritto con Reed Hastings, CEO di Netflix, sulla cultura della reinvenzione.


Bibliografia

Adler, N. - International dimensions of organization behaviour

Hofstede, G. - Hofstede G.J. - Minkow, M.: Culture e Organizzazioni, Valori e strategie per operare efficacemente in contesti internazionali

Hofstede, G. - Hofstede G.J. - Pederson, P.: Exploring Culture: Exercises, Stories, and Synthetic Cultures

Laurent, A. - The cross cultural puzzle of global HR Management, a field in its infancy

Meyer, E.: The Culture Map: Breaking Through the Invisible Boundaries of Global Business

Meyer, E. - Hastings, R.: No Rules Rules

Mole, J. - Mind your manners: managing culture clash in the european market

Trompenaars, F. - Riding the waves of culture: understanding cultural diversity in business


Tratto da "Personale e Lavoro n° 652 - Febbraio 2023" - Uno dei servizi dell'Abbonamento ISPER

Immagine di apertura: foto di MetsikGarden da Pixabay
Frecce: elaborazione su foto di Veronica Bosley da Pixabay