Area
Diritto del Lavoro

Topic
Personale Internazionale

Luisa Marchesini

N° 145

30 novembre 2022

Visualizzazioni 421

Lavoratori stranieri in Italia
Analisi del modello italiano di politica migratoria dei lavoratori cittadini di Paesi terzi - Seconda parte

2ª di 3 parti


Sommario

Prima parte
  1. La condizione giuridica del lavoratore cittadino di Paesi terzi
  2. Analisi diacronica della legislazione italiana in materia di politiche dell’immigrazione del lavoro straniero
  3. L’accesso del lavoratore extracomunitario nel mercato del lavoro italiano
Seconda parte
  1. Il principio di parità di trattamento tra lavoratori italiani e lavoratori stranieri
  2. La ricerca di una politica comune europea in tema di politiche dell’immigrazione dei lavoratori cittadini di Paesi terzi
Terza parte
  1. Meccanismi di regolarizzazione del lavoro straniero irregolare ed emergenza sanitaria Covid-19: l’art 103 “Emersione di rapporti di lavoro” d.lgs. n. 34/2020
  2. Considerazioni conclusive.

  1. Il principio di parità di trattamento tra lavoratori italiani e lavoratori stranieri

Nel nostro ordinamento, le norme poste a tutela del lavoro producono i propri effetti nei confronti dei lavoratori extracomunitari una volta che sia stato riconosciuto loro l’accesso al lavoro: da questo momento, essi godranno «di piena parità di trattamento rispetto ai lavoratori italiani»5, indipendentemente dalla nazionalità.

In tal senso depone l’art 2, co. 3 d.lgs. n. 286/1998, disponendo che la Repubblica italiana, in attuazione della Convenzione OIL n. 143 del 24 giugno 1975, «garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio nazionale e alle loro famiglie la parità di trattamento e la piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani».

Inoltre, l’art 38, co. 2 Cost. stabilisce che «i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria», sancendo un principio di parità di trattamento tra lavoratori, compresi dunque gli immigrati6. Infatti, si prevede che «allo straniero regolarmente soggiornante non potranno essere erogate - in modo peggiorativo rispetto ai cittadini - le prestazioni derivanti dalla perdita o dalla riduzione della capacità lavorativa o di guadagno a seguito di eventi prestabiliti»7.

Tale parità di trattamento di cui all’art 2, co. 3 d.lgs. n. 286/1998 ha, pertanto, un’ampia portata e non si limita «ai soli aspetti interni al rapporto e all’esercizio dell’attività di lavoro, ma copre tutti i vantaggi che derivano al cittadino dalla sua condizione di lavoratore»8.

Tuttavia, il principio, al fine di esplicare i suoi effetti «esige la condizione di regolare permanenza dei lavoratori nel territorio italiano»9, ma essa possiede una connotazione fortemente precaria per lo straniero.

È così stabilito uno stretto legame tra parità di trattamento e regolare soggiorno nel territorio nazionale dello straniero, ma quest’ultimo elemento è a sua volta subordinato all’esistenza di un contratto di lavoro valido.

  1. La ricerca di una politica comune europea in tema di politiche dell’immigrazione dei lavoratori cittadini di Paesi terzi

Il fenomeno dell’immigrazione è internamente articolato e complesso «sia per la presenza di fonti di regolazione multi-livello dell’immigrazione, sia per la peculiare segmentazione regolativa del lavoro degli stranieri che caratterizza tanto l’ordinamento interno, quanto quello sovranazionale»10.

La regolazione sovranazionale in materia deve considerarsi ancora settoriale e caratterizzata da «veti e resistenze incrociate da parte di alcuni Stati membri»11.

Invero, l’attenzione dei Paesi membri diretta a preservare le proprie prerogative nelle materie dell’accesso al lavoro e delle politiche sociali «ha reso impossibile il raggiungimento di un accordo in ordine alle linee direttrici della politica dell’immigrazione economica e all’adozione di regole comuni sull’ingresso negli Stati membri ai fini dello svolgimento di un’attività lavorativa»12.

L’art 63, n. 3, lett. a) Trattato CE, in tema di immigrazione legale, almeno da un punto di vista testuale, non fa alcun riferimento alla “immigrazione economica”: la disposizione stabilisce che il Consiglio è tenuto ad adottare le misure in materia di politica dell’immigrazione che riguardano «le condizioni di ingresso e soggiorno nel territorio e le norme sulle procedure per il rilascio da parte degli Stati membri di visti a lungo termine e di permessi di soggiorno, compresi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare».

Tuttavia, in riferimento alla base giuridica della competenza comunitaria in materia, l’orientamento interpretativo prevalente àncora proprio all’art 63, n. 3, lett a) Trattato CE la competenza della Comunità europea a disciplinare l’istituto dell’autorizzazione all’ingresso di uno straniero in un Paese membro per lo svolgimento di un’attività di lavoro subordinato, affermando che il «riferimento alla riunificazione familiare è fatto a titolo meramente esemplificativo […] ritenendo che altre forme di immigrazione rientrino nella sfera di applicazione della norma, compresa l’immigrazione per motivi economici»13.

Pertanto, la competenza della Comunità europea riguardo all’ingresso e al soggiorno dei lavoratori stranieri pare essere ricondotta nell’ambito delle competenze “parallele”, destinate a coesistere con i poteri concorrenti degli Stati.

Nonostante ciò, gli Stati membri riescono ad avvalersi di un insieme di meccanismi congegnati nel Trattato che sono diretti ad assicurare loro la conservazione di un ruolo significativo nella disciplina delle materia di ingressi per motivi di lavoro.

Tra questi assume rilievo la regola di cui all’art 63, par. 2 Trattato CE, in base alla quale le misure adottate dal Consiglio in materia di immigrazione legale «non ostano a che uno Stato membro mantenga o introduca, nei settori in questione, disposizioni nazionali compatibili con il presente trattato e con gli accordi internazionali»14.

Tale precario equilibrio produce effetti negativi sia nell’ambito delle regole che delineano le competenze tra Comunità e Stati membri, sia nella complessa e articolata «declinazione pluriordinamentale della disciplina dei processi migratori»15.

La politica comunitaria dell’immigrazione economica si è limitata infatti all’introduzione di linee di indirizzo in materia, ma con esse «non è concretizzabile una sola e omogenea politica comune»16 europea che preveda meccanismi di accesso al lavoro o che imponga o vieti la predisposizione di quote di ingresso dei lavoratori extracomunitari o che prestabilisca quali debbano essere i requisiti lavorativi necessari dei lavoratori stranieri.

Si fa riferimento all’adozione delle direttive da parte dell’Unione Europea e tra le principali recepite in Italia si annoverano la 2014/36/UE, con la quale vengono stabilite le condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di Paesi terzi ai fini dell’occupazione come lavoratori stagionali17; la 2011/98/UE, istitutiva di una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso, che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e un insieme di diritti per tali lavoratori; la 2014/66/UE, attraverso la quale si interviene sui trasferimenti intra-societari al fine di facilitare il trasferimento intra-aziendale di manager, specialisti e dipendenti tirocinanti; la 2009/50/CE, che tramite il permesso denominato “blue card” riserva una specifica procedura di accesso al lavoro alla categoria professionale dei lavoratori non-Ue altamente qualificati18 e la 2009/52/CE, volta a introdurre un quadro normativo unitario minimo sulle sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi soggiornanti illegalmente nel territorio europeo.

Quest’ultima direttiva si astiene da «ogni intervento di carattere sostanziale» ed è fortemente «limitata sia nel merito sia nel metodo»19, invero non fornisce una definizione di lavoro irregolare, ritenendolo di competenza del singolo Stato membro e si occupa solamente di «distinguere dal lavoro irregolare come categoria generale, quello prestato dallo straniero irregolare, concentrandosi sul datore di lavoro da sanzionare»20.

La totalità di interventi di soft law richiamati «sembra accomunata da un limite: la portata meramente descrittiva»21, sono pertanto da considerarsi quali orientamenti diretti all’unitario scopo di suggerire un indirizzo coerente alle scelte politiche e normative degli Stati membri, ma «esse non riguardano i lavoratori di Stati terzi e non sono rivolte ad autorizzare l’ingresso nel territorio di uno Stato Ue per la prestazione di un’attività lavorativa»22.

Invero, la politica comunitaria dell’immigrazione economica si è sostanzialmente attenuta a regolare l’accesso al lavoro dei cittadini extracomunitari in condizioni di regolarità all’interno di uno Stato membro sulla base di un titolo di soggiorno indipendente dalla prestazione dell’attività lavorativa: l’accesso al lavoro, difatti, non identifica il titolo del permesso di soggiorno, ma viene in rilievo solo dopo che lo straniero extracomunitario «abbia ottenuto l’autorizzazione per entrare in un Paese membro»23.

La prima parte è stata pubblicata sul numero 144 del 23 novembre
Segue nella terza parte che sarà pubblicata sul numero 146 del 7 dicembre 2022


Note

  1. C. cost. 30 dicembre 1998, n. 454, con commento di A. Guariso, in FI, 1999, I, p. 751.
  2. S. Cassese, I diritti sociali degli «altri», in RDSS, 2015, n. 4, p. 679. Cfr. M. D. Ferrara, Status degli stranieri e questioni di welfare tra diritti e inclusione sociale, in RDSS, 2017, n. 2, p. 265 ss.
  3. S. Bologna, Eguaglianza e “welfare” degli immigrati: tra “self-restraint” legislativo e aperture giurisprudenziali e contrattuali, in RGL 2017, n. 4, pt. 1, p. 643 inoltre, si precisa che tale principio di eguaglianza in materia previdenziale soffre due importanti eccezioni, «in particolare, ai sensi dell’art 25, co. 2, TU ai lavoratori stranieri stagionali non viene erogato il contributo per l’assegno per il nucleo familiare e per l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria, in sostituzione dei quali il datore di lavoro è tenuto a versare un contributo all’Inps destinato a finanziare interventi socio-assistenziali […] La seconda eccezione si rinviene nell’abrogazione del rimborso dei contributi versati dagli stranieri che siano rimpatriati, a seguito delle modifiche introdotte al d.lgs. n. 286/1998 dalla cd. legge Bossi-Fini del 2002».
  4. S. Nappi, Il lavoro degli extracomunitari, Esi, Napoli, 2005, p. 161.
  5. A. Montanari, Stranieri extracomunitari e lavoro, Cedam, Milano, p. 119.
  6. V. Papa, Dentro o fuori il mercato? La nuova disciplina del lavoro stagionale degli stranieri tra repressione e integrazione, in DRI, 2017, fasc. 2, pp. 364.
  7. Ibidem, p. 366.
  8. M. Evola, I lavoratori di Stati terzi nel diritto dell'Unione Europea, Giappichelli, 2018, p. 110, in cui si precisa che la decisione di non dedicare nel Trattato CE una norma specifica all’accesso al lavoro risponde «alla richiesta formulata dalla Germania, durante i lavori della conferenza intergovernativa, con il chiaro intento di impedire la formazione di una disciplina comunitaria avente ad oggetto l’ingresso dei lavoratori non comunitari nel mercato del lavoro».
  9. M. Evola, I lavoratori di Stati terzi nel diritto dell'Unione Europea, p. 29, op. cit.
  10. Ibidem, p. 30.
  11. V. Papa, Dentro o fuori il mercato?, p. 366, op. cit.
  12. M. Giaconi, Le politiche europee di contrasto al lavoro sommerso. Tra (molto) "soft law" e (poco) "hard law" Commento a Dir. CE 2009/52, in LD, 2016, fasc. 3, p 440.
  13. European Commission, Legal Migration and Integration, [https://ec.europa.eu].
  14. Ibidem.
  15. European Commission, Legal Migration and Integration, [https://ec.europa.eu].
  16. L. Calafà, Lavoro irregolare (degli stranieri) e sanzioni. Il caso italiano, in LD, 2017, fasc. 1, p. 72.
  17. M. Giaconi, Le politiche europee di contrasto al lavoro sommerso, p. 447, op. cit.
  18. M. Evola, I lavoratori di Stati terzi nel diritto dell'Unione Europea, p. 111, op. cit.
  19. Ibidem, p. 111.

Articolo scritto per "ISPER HR Review" - n° 145 Novembre 2022 - da Luisa Marchesini

Foto di kalhh da Pixabay
Frecce: elaborazione su foto di Veronica Bosley da Pixabay