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Diritto del Lavoro

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Personale Internazionale

Luisa Marchesini

N° 146

7 dicembre 2022

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Lavoratori stranieri in Italia
Analisi del modello italiano di politica migratoria dei lavoratori cittadini di Paesi terzi - Terza parte

3ª di 3 parti


Sommario

Prima parte
  1. La condizione giuridica del lavoratore cittadino di Paesi terzi
  2. Analisi diacronica della legislazione italiana in materia di politiche dell’immigrazione del lavoro straniero
  3. L’accesso del lavoratore extracomunitario nel mercato del lavoro italiano
Seconda parte
  1. Il principio di parità di trattamento tra lavoratori italiani e lavoratori stranieri
  2. La ricerca di una politica comune europea in tema di politiche dell’immigrazione dei lavoratori cittadini di Paesi terzi
Terza parte
  1. Meccanismi di regolarizzazione del lavoro straniero irregolare ed emergenza sanitaria Covid-19: l’art 103 “Emersione di rapporti di lavoro” d.lgs. n. 34/2020
  2. Considerazioni conclusive

  1. Meccanismi di regolarizzazione del lavoro straniero irregolare ed emergenza sanitaria Covid-19: l’art 103 “Emersione di rapporti di lavoro” d.lgs. n. 34/2020

Il modello italiano di politiche delle migrazioni per motivi di lavoro, come osservato nelle prime parti, è incentrato sulla determinazione dei flussi di ingresso e non si preoccupa, almeno non efficacemente, degli stranieri già presenti nel territorio, tra cui quelli che vi restino dopo la scadenza del visto o del permesso autorizzativo.

Non è facile ricostruire la portata di questo fenomeno24.

Inoltre, non è possibile valutare la reciproca influenza tra tasso di irregolarità del lavoro degli stranieri extracomunitari e regole che disciplinano le procedure di accesso in Italia25.

Gli stranieri irregolari, dunque, sono “invisibili” giuridicamente fino a che non si ricorre a strumenti di regolarizzazione, quale è ad esempio la sanatoria.

Quest’ultima è diretta a favorire l’emersione del lavoro irregolare prestato dai lavoratori al fine di regolarizzare sia i rapporti di lavoro intercorsi, sia il soggiorno di coloro che si trovino illegittimamente sul territorio dello Stato.

Il tema è di stretta attualità anche a causa dell’emergenza Coronavirus che ha inizialmente fortemente limitato, se non del tutto arrestato il flusso dei lavoratori, soprattutto stagionali agricoli, impiegati nella raccolta dei prodotti, più intensa nei mesi primaverili ed estivi.

Sul punto, del resto, erano stati sollecitati al Governo interventi urgenti, sia da parte delle associazioni datoriali che sindacali.

La risposta governativa ha trovato espressione nell’ambito del d.lgs. n. 19 maggio 2020 n. 34 “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, il cd. “Decreto Rilancio” ed in particolare all’art. 103 rubricato “Emersione di rapporti di lavoro”.

Tale norma prevedeva due modalità di regolarizzazione e da applicare a tre macrosettori: agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura; assistenza alla persona e lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.

La prima modalità riguarda i datori di lavoro «italiani o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286».

Essi potranno presentare istanza26 per sottoscrivere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare l’esistenza di un rapporto di lavoro irregolare in corso, sia con cittadini italiani, che con cittadini stranieri.

Tuttavia, i cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell’8 marzo 2020 ovvero devono aver soggiornato in Italia precedentemente alla medesima data «in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni costituite da documentazioni di data certa proveniente da organismi pubblici».

Si precisa che, in entrambi i casi, essi non devono aver lasciato il territorio nazionale dall’8 marzo 2020.

L’istanza deve indicare la durata del contratto di lavoro e la retribuzione, che non deve essere inferiore a quella prevista dal contratto collettivo di lavoro di riferimento stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Inoltre, si precisa, che il cittadino straniero presta l’attività di lavoro esclusivamente alle dipendenze del datore di lavoro che ha presentato l’istanza.

Le modalità di presentazione delle domande di regolarizzazione dei contratti prevedevano una prima verifica da parte dello sportello unico per l’immigrazione sull’ammissibilità della dichiarazione resa dal datore di lavoro27.

Superato con successo tale controllo, lo sportello unico per l’immigrazione convoca le parti per la stipula del contratto di soggiorno, per la comunicazione obbligatoria di assunzione e la compilazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro subordinato28.

La seconda modalità di regolarizzazione stabiliva che i cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno scaduto dopo il 31 ottobre 2019, non rinnovato o convertito in un altro titolo di soggiorno possano presentare istanza rivolgendosi alla Questura.

I presupposti necessari ulteriori sono la presenza sul territorio nazionale da prima dell’8 marzo 2020; il non allontanamento dall’Italia dopo la stessa data e l’aver svolto attività di lavoro nei tre macrosettori predetti in data antecedente al 31 ottobre 2019.

In presenza di tali condizioni gli stranieri erano posti nella condizione di poter richiedere un permesso di soggiorno temporaneo di durata di sei mesi dalla presentazione dell’istanza, valido solo sul territorio nazionale, che permette di svolgere lavoro subordinato esclusivamente nei settori anzidetti.

Se nel termine di durata dei sei mesi, il cittadino straniero fosse stato in grado di esibire un contratto di lavoro subordinato ovvero la documentazione retributiva e previdenziale comprovante lo svolgimento dell’attività lavorativa nei settori di riferimento, il permesso di soggiorno temporaneo sarebbe stato convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Attraverso l’art 103 d.lgs. n. 34/2020 sono stabilite anche le condizioni di inammissibilità delle istanze in caso di condanna del datore di lavoro per specifici reati29 e si precisa che non sono ammessi alla regolarizzazione gli stranieri che hanno ricevuto condanne per determinate fattispecie di reato30.

Fuori da questi casi, lo straniero non può essere espulso.

Con riguardo al cd. scudo penale l’art 103 d.lgs. n. 34/2020 prevede l’estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi solo per specifiche violazioni elencate dal legislatore31.

Tale norma, infatti, sancisce l’estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi nei confronti del datore di lavoro32 per l’impiego di lavoratori per i quali è stata presentata la dichiarazione di emersione, anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale e nei confronti del lavoratore33, per l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale con esclusione degli illeciti di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

A chiusura, l’art 103 d.lgs. n. 34/2020 con una sorta di clausola aperta poneva l’attenzione sull’emergenza sanitaria in corso e sui fenomeni di sfruttamento lavorativo stabilendo che le amministrazioni dello Stato competenti e le Regioni erano autorizzate ad agire adottando «soluzioni e misure urgenti idonee a garantire la salubrità e la sicurezza delle condizioni alloggiative, nonché ulteriori interventi di contrasto del lavoro irregolare e del fenomeno del caporalato».

Tale regolarizzazione è stata solo l’ultima di una lunga serie, essa deve considerarsi una «consolidata tecnica legislativa, assurta a reale fulcro delle politiche migratorie italiane»34.

Infatti, nel tempo il ricorso a tale strumento «è divenuto, paradossalmente, modalità normale dell’interazione fra il legislatore e i bisogni concreti del sistema economico-produttivo»35, tanto che quest’ultimo ha disposto la sanatoria con la legge n. 943/1986, la cd. “Legge Foschi” attraverso gli artt 16 e ss.; con la l. n.39/1990, la cd. “legge Martelli” disciplinandone le modalità all’art 1; con il d. l. n. 489/1995, il cd. “Decreto Dini” all’art 12; con la l. n. 189/2002, la cd. “legge Bossi–Fini” attraverso l’art. 33; con il D. l. n. 78/2009 all’art 1-ter e con il d.lgs. n. 109/2012, all’art 5.

Pertanto, si deve ritenere che il modello italiano di politica della migrazione per lavoro delinea una procedura di accesso al lavoro che è «orientata più alla regolamentazione ex post - attraverso il ricorso a strumenti eccezionali di regolarizzazione come le sanatorie - che alla accorta gestione dei flussi»36.

  1. Considerazioni conclusive

La mancanza di un adeguato canale della migrazione regolare per motivi di lavoro, dovuto alla sostanziale complessità e frammentarietà della legislazione italiana riguardante le politiche dell’immigrazione ed alla mancanza di un’omogenea politica comunitaria in materia, pone il modello italiano di politica dell’immigrazione del lavoratore extracomunitario come strumento di disuguaglianza sociale; e tanto sia quando si esprime nel concetto di accesso al lavoro, sia quando la permanenza del lavoratore extracomunitario viene rigidamente subordinata all’esercizio di un’attività lavorativa. Invero, esistono due questioni di centrale importanza.

La prima, relativa alla difficoltà di accesso al lavoro per il cittadino extracomunitario, che è l’effetto dell’inadeguatezza del modello italiano di politiche di reclutamento del lavoratore di Paesi terzi, caratterizzato da una «mancanza di effettività (strutturale) delle politiche dell’immigrazione, fondate sulla burocratizzazione delle procedure per l’ingresso e il soggiorno per finalità di lavoro in Italia»37.

Tale modello oltretutto si caratterizza per una restrizione sul piano quantitativo data dai decreti flussi, i quali non costituiscono un valido sistema di prevenzione all’immigrazione irregolare, ma si riducono a strumento diplomatico volto a stabilire limitazioni degli ingressi dei lavoratori provenienti da Paesi extra Ue.

Particolari restrizioni sono previste, infatti, per quei cittadini provenienti dai Paesi che non collaborano con lo Stato al contrasto dell’immigrazione clandestina e alla riammissione degli espulsi.

La conseguenza del fallimento dell’efficacia del modello italiano di politiche di reclutamento del lavoratore di Paesi terzi conduce all’apertura di una fase patologica di sistema, che si caratterizza per un mercato del lavoro sdoppiato e parallelo rispetto a quello regolare: quello illecito, del lavoro sommerso, che non sottostà a regimi di flussi di ingresso o modalità di autorizzazione all’accesso al lavoro, ma nel quale opera il naturale scambio tra domanda e offerta di lavoro e che costituisce fonte di reddito per il lavoratore extracomunitario.

La seconda questione è quella relativa alla precaria condizione lavorativa del lavoratore extracomunitario regolare, che può essere caratterizzata da uno sfruttamento lavorativo, a causa del difficile accesso al trattamento paritario effettivo tra lavoratore italiano e lavoratore straniero extracomunitario.

Invero, il modello italiano di politiche migratorie per motivi di lavoro fa emergere alcune criticità in ordine all’applicazione del principio di parità di trattamento.

In particolare, il meccanismo di reclutamento dei lavoratori extracomunitar prevede un rigido collegamento tra valido contratto di lavoro e validità del permesso di soggiorno, con possibili ripercussioni sulla condizione giuridica del lavoratore straniero.

Ad esempio, con riferimento all’estinzione del rapporto di lavoro - sia per licenziamento, sia per dimissioni - anche se essa non costituisce un motivo di revoca del permesso di soggiorno, ha delle conseguenze sulla regolare permanenza dello straniero stesso nel territorio nazionale.

Infatti, l’art. 22, co. 11 d.lgs. n. 286/1998 stabilisce che il lavoratore che ha perso il proprio posto di lavoro, per poter continuare a soggiornare in Italia, potrà iscriversi nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, che non può essere inferiore ad un anno o, in caso di prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, per tutto il periodo di durata della prestazione.

Decorso tale termine senza che abbia trovato un’occupazione, il lavoratore, per poter soggiornare regolarmente nel territorio, dovrà dimostrare di possedere un reddito minimo annuo, derivante da fonti lecite, non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale (art. 29, co. 3, lett. b, d.lgs. n. 286/1998).

Laddove venisse meno la regolare permanenza dello straniero nel territorio dello Stato, inoltre, verrebbe meno anche il presupposto che permette al principio di parità di trattamento, di cui all’art 2, co. 3 d.lgs. n. 286/1998, di operare.

Ebbene, a causa di una normativa che «istituisce una corrispondenza biunivoca tra preesistenza di un contratto di lavoro e permesso di soggiorno», il lavoratore straniero è potenzialmente relegato a una posizione di vulnerabilità, «anche nella sua variante semantica di “ricattabilità”»38, caratterizzata da potenziali condizioni di sfruttamento lavorativo e non pieno riconoscimento dei diritti.

Infine, quanto ai concetti di “migrazione economica” e/o per “motivi di lavoro”, essi «non implicano l’assunzione dei processi migratori come monolitici fenomeni unitari da analizzare indistintamente in quanto tali»39, ma sono tali da richiedere un’analisi che non tralasci gli aspetti sociali che si collocano a monte e a valle del fenomeno osservato attraverso la lente del diritto.

Il fenomeno migratorio ha assunto negli ultimi anni una dimensione quantitativa consistente anche nel settore produttivo e sociale.

La prosperità economica e la stabilità politica dell’Unione europea degli ultimi venti anni hanno sicuramente esercitato una forte attrazione sugli stranieri e tali migrazioni internazionali sono servite «a colmare specifiche carenze del mercato del lavoro»40 europeo.

Ciononostante, dai dati emerge che i lavoratori extracomunitari svolgano lavori di ridotta specializzazione e ad alta manualità.

La quota di famiglie straniere in una condizione di forte povertà è molto alta e la condizione di povertà non è associata solo all’assenza di lavoro.

Infatti, anche chi ha un impiego «in ragione delle caratteristiche dell’occupazione e della retribuzione percepita, può collocarsi al di sotto della soglia di spesa minima necessaria per acquisire beni e servizi essenziali»41.

Oltre a ciò, tale categoria di lavoratori è «soggetta ad un rischio più elevato di attrazione nell’economia sommersa»42.

Nello specifico, la loro tendenziale collocazione è «in mercati del lavoro paralleli e spesso ad essi “riservati”, nei quali si assiste a perversi intrecci tra lavoro agricolo, lavoro sommerso e forme di intermediazione illecita nella gestione della manodopera»43.

Pertanto, la condizione giuridica dei lavoratori cittadini di Paesi terzi è composita e caratterizzata da diversi punti critici in cui la vulnerabilità costituisce un corollario dello status del lavoratore straniero e «un precipitato concreto del diritto dell’immigrazione»44.

La prima parte è stata pubblicata sul numero 144 del 23 novembre 2022
La seconda parte è stata pubblicata sul numero 145 del 30 novembre 2022


Bibliografia

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Articolo scritto per "ISPER HR Review" - n° 146 Dicembre 2022 - da Luisa Marchesini


Note

  1. Cfr. L. Calafà, Lavoro irregolare (degli stranieri) e sanzioni. Il caso italiano, op. cit., p 71, ove si osserva che la Rilevazione Continua sulle Forze Lavoro di Istat non comprende la quota di cittadini presenti irregolarmente, infatti il Quinto Rapporto Annuale, I migranti nel mercato del lavoro in Italia, pubblicato nel 2016 a cura del Ministero del lavoro conferma che «l’universo di osservazione statistica riguarda la sola parte regolare della popolazione straniera iscritta alle liste anagrafiche comunali».
  2. Ibidem, p. 71 in cui si evidenzia che non si possono ricavare i numeri dalle mancate assunzioni collegate a incapienza del decreto flussi, in quanto la disciplina relativa alle procedure di accesso in Italia si fonda sul presupposto che i cittadini extracomunitari di cui si chiede l’assunzione non siano presenti in Italia all’atto della richiesta.
  3. Il datore di lavoro dovrà presentare istanza all’Inps, in caso di lavoratori italiani e di cittadini di uno Stato membro dell’Ue o allo sportello unico per l’immigrazione, per i lavoratori extracomunitari.
  4. In tale fase sarà necessario acquisire il parere della Questura in ordine all’insussistenza di motivi ostativi all’accesso alle procedure ovvero al rilascio del permesso di soggiorno, nonché il responso del competente Ispettorato territoriale del lavoro sulla capacità economica del datore di lavoro e alla congruità delle condizioni di lavoro applicate.
  5. La mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo comporterà l’archiviazione del procedimento.
  6. Condanna negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite; intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e per i reati previsti dall’articolo 22, comma 12, d.lgs. n. 286/1998.
  7. Condanna per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione o reclutamento di minori da impiegare in attività illecite; reati previsti dall’articolo 380 del c.p.p.; delitti contro la libertà personale e reati inerenti la materia riguardante gli stupefacenti. Tra le condizioni di inammissibilità rientra anche l’aver ricevuto un provvedimento di espulsione o la segnalazione per la non ammissione nel territorio dello Stato o nei casi in cui il cittadino straniero sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza.
  8. Tra queste non rientrano i reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; sfruttamento della prostituzione o di minori e intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
  9. Nel caso di istanza di emersione riferita al lavoratore extracomunitario l’estinzione si avrà con la sottoscrizione del contratto di soggiorno, insieme alla comunicazione obbligatoria di assunzione e il rilascio del permesso di soggiorno e nel caso di istanza di emersione riferita a lavoratori italiani o a cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea l’estinzione si avrà con la presentazione della stessa all’Inps.
  10. L’estinzione si avrà esclusivamente con il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro da parte dell’autorità competente.
  11. A. Bollani, S. Spataro, Immigrazione e regolazione postuma del mercato del lavoro: la tecnica delle sanatorie, in A. Tursi (a cura di), Lavoro e immigrazione. Commento alle norme della legge n. 189 del 2002 (di modifica del d.lgs. n. 286 del 1998), relative alla disciplina dell’immigrazione per lavoro, e del d.l. n. 195 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 2002, Giappichelli, 2005, p. 326.
  12. A. Rosafalco, Politiche immigratorie e diritto del lavoro, in ADAPT LABOUR STUDIES e-Book series n. 74, 2018 , p. 244.
  13. L. Calafà, Lavoro irregolare (degli stranieri) e sanzioni. Il caso italiano, op. cit., p. 72
  14. Ibidem, p. 70.
  15. V. Papa, Dentro o fuori il mercato?, p. 372, op. cit.
  16. Ibidem, p. 364.
  17. Eurostat, Statistiche sulle migrazioni internazionali e sulle popolazioni di origine straniera, marzo 2017.
  18. Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nono Rapporto Annuale “I migranti nel mercato del lavoro in Italia 2019”, 2019.
  19. M. Giaconi, Le politiche europee di contrasto al lavoro sommerso, p. 445, op. cit.
  20. V. Papa, Dentro o fuori il mercato?, p. 369, op. cit.
  21. Ibidem, 368, op. cit.

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