Il divieto di licenziamento a causa del Covid-2019 si applica anche ai dirigenti
Con la prima pronuncia intervenuta su un tema oggetto di molteplici discussioni, il Tribunale di Roma (ordinanza del 26.2.2021) ha interpretato in modo estensivo il blocco dei licenziamenti
causato dalla pandemia in essere, precisando quanto segue:
“Malgrado il riferimento dell’art. 46 del DL n. 18/2000 e dell’80 del DL n. 34/2020 al licenziamento per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/1966,
il divieto di licenziamento deve ritenersi applicabile anche ai dirigenti”.
Il Tribunale prende le mosse dal ricorso con il quale un dirigente ha impugnato il licenziamento al medesimo comunicato nel mese di luglio 2020, motivato dalla soppressione della propria posizione
lavorativa in seguito ad una riorganizzazione conseguente al calo dell’attività aziendale causato dal Covid-2019.
Per poter apprezzare il carattere innovativo della pronuncia in esame, occorre premettere che il licenziamento della categoria dei dirigenti è da sempre considerato un provvedimento sui generis.
Infatti, il dirigente può essere licenziato in presenza della c.d. “giustificatezza”, ossia qualsiasi motivo, purché apprezzabile sul piano del diritto e non arbitrario né pretestuoso, che sia idoneo a turbare il legame di fiducia, particolarmente intenso, fra dirigente e datore di lavoro. Per giurisprudenza costante, tale concetto è distinto da quello di “giustificato motivo oggettivo” che contraddistingue il licenziamento delle altre categorie di lavoratori (consistente in “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/1966).
Ebbene, l’ormai noto divieto di licenziamenti a causa del Covid-19 preclude al datore di lavoro, sin dal mese di marzo 2020 (e, allo stato, sino al 30 giugno 2021 e, in presenza di determinati presupposti, sino al 31 ottobre 2021), tra l’altro, di “recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604” (espressione rimasta inalterata dalla prima versione della norma - art. 46 del D.L. n. 18 del 17.3.2020 - sino a quella attualmente vigente - art. 8 del D.L. n. 41 del 22.3.2021).
Ebbene, tale disposizione ha suscitato dubbi e perplessità in merito all’applicabilità, o meno, del summenzionato divieto di licenziamento anche al personale dirigenziale.
Proprio in tale dibattito si inserisce la pronuncia del Tribunale romano in esame, che abbraccia il filone interpretativo che ritiene applicabile il divieto di licenziamento per Covid-2019 anche alla categoria dei dirigenti.
Il Giudice ha accolto tale tesi sulla base delle seguenti motivazioni:
(i) la ratio del divieto risiede nell’esigenza di evitare che la pandemia determini la soppressione immediata di posti di lavoro;
(ii) non avrebbe senso applicare il divieto al licenziamento collettivo che coinvolga un dirigente e, al contempo, non applicarlo al suo licenziamento individuale;
(iii) il richiamo all’art. 3 della legge n. 604/1966 è da intendersi comprensivo anche della c.d. “giustificatezza” tipica della categoria dei dirigenti,
la quale condivide sostanzialmente la medesima natura del giustificato motivo oggettivo.
Peraltro, i sostenitori di tale presa di posizione ritengono che la predetta interpretazione sia avvalorata anche dall’Inps, il quale (con messaggio n. 4464 del 26.11.2020) ha riconosciuto la Naspi anche al personale dirigenziale che aderisca allo specifico accordo collettivo aziendale con le organizzazioni sindacali, previsto dalla decretazione emergenziale.
I motivi che hanno indotto il Tribunale capitolino ad estendere il divieto di licenziamento in questione anche alla categoria dei dirigenti hanno destato non poche critiche.
Opinabile è, in primo luogo, il passaggio della motivazione dell’ordinanza in cui il Giudice romano sostiene che l’indubbia compressione della libertà delle aziende sia contemperata dalle misure di sostegno alle imprese: ebbene, il personale dirigenziale è escluso, per espressa disposizione normativa (art. 1 D.Lgs. n. 148/2015), dall’intervento della Cassa Integrazione; e le disposizioni speciali sulla “Cassa Covid” non hanno previsto nulla di diverso.
Pertanto, il datore di lavoro, da un lato, non potrebbe risolvere il rapporto con un proprio dirigente, ma, dall’altro lato, la relativa retribuzione resterebbe integralmente a suo carico anche in caso di sospensione o contrazione dell’attività lavorativa.
In secondo luogo, la pronuncia in commento sembra non considerare l’ormai consolidata giurisprudenza che enfatizza la netta distinzione tra il concetto di “giustificatezza” e quello di “giustificato motivo”.
D’altronde, il citato art. 3 della legge n. 604/1966 non si applica al personale dirigenziale per espressa esclusione legislativa (art. 10 della legge n. 604/1966).
D’altronde, a parere di chi scrive, se il Legislatore dell’emergenza avesse voluto precludere anche il licenziamento dei dirigenti, l’avrebbe fatto espressamente.
La polemica è, infatti, sorta già all’indomani dell’entrata in vigore della norma che ha introdotto per la prima volta il divieto in esame (art. 46 del D.L. n. 18/2020).
Ebbene, ad oltre un anno di distanza, la formulazione della disposizione sul punto (con l’espresso richiamo al solo giustificato motivo oggettivo di cui all’art. 3 della legge n. 604/1966) è rimasta invariata.
È ragionevole prevedere un articolato atto di appello avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma. Anche perché quest’ultimo, sulla base delle motivazioni di cui sopra, ha condannato l’azienda alla sanzione massima: reintegra del dirigente nel posto di lavoro e risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni che sarebbero maturate tra la data del licenziamento e quella dell’effettiva reintegra.
A prescindere da quanto suesposto, vi è da chiedersi come si sarebbe pronunciato il Giudice a fronte di un licenziamento di altro tipo.
Nulla quaestio, naturalmente, sull’esclusione dal divieto del licenziamento disciplinare del dirigente.
Ma se la motivazione oggettiva posta alla base del licenziamento del dirigente non avesse avuto nulla a che vedere con le conseguenze economiche causate dal Covid-19?
La risposta alla domanda sarà senz’altro fornita dalle future pronunce giudiziali che avranno modo di esaminare la questione.
Senza dubbio, un intervento chiarificatore del Legislatore contribuirebbe ad attenuare le (già) numerose incertezze del periodo.
Tratto da "Sentenze e Commenti" - n° 142 - Aprile 2021 - Uno dei servizi dell'Abbonamento ISPER