Area
Diritto del Lavoro

Topic
Giurisprudenza

Pasquale Dui e Luigi Antonio Beccaria

N° 230

30 ottobre 2024

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Amministratore e dipendente di una società: cumulo di cariche

Sono cumulabili la carica di amministratore e l’attività di lavoratore subordinato di una stessa società di capitali, purché sia accertata, in base ad una prova di cui è necessariamente onerata la parte che intenda far valere il rapporto di lavoro subordinato (nel caso di specie l’ente previdenziale), l'attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale e il vincolo di subordinazione, ossia l'assoggettamento, nonostante la carica sociale, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell'organo di amministrazione della società.

Questa circostanza ricorre qualora sia individuabile la formazione di una volontà imprenditoriale distinta, tale da determinare la soggezione del dipendente-amministratore ad un potere disciplinare e direttivo esterno.

L’onere probatorio è a carico dell’ente previdenziale, in quanto soggetto tenuto, in linea generale, alla dimostrazione dei fatti costitutivi dell’obbligo contributivo.

Considerata la mancanza di precisi riferimenti normativi, la soluzione delle questioni prospettate è affidata principalmente all’ente previdenziale maggiormente interessato (INPS).

A questo proposito, nell’intento di offrire un quadro ampio ed esaustivo delle possibili sfaccettature in merito alla problematica in esame, l’INPS, già con circolare 179/1989 e, più di recente, con messaggio 3359/2019 (nonché con messaggio 12441/2011, segnatamente per la qualifica di presidente di società cooperativa), ha esaminato analiticamente un ventaglio di situazioni, tendenzialmente omnicomprensivo, di fattispecie relative a rapporti di carattere societario, di ogni specie e natura; a rapporti di collaborazione (nei settori commerciali, agricoli, familiari) con l’indicazione dei casi di possibile compatibilità e, conseguentemente, di incompatibilità del cumulo di cariche e funzioni gestionali/amministrative e subordinate dirigenziali.

Nonché, in caso di persistenti contrasti, alla giurisprudenza, la quale deve procedere, caso per caso, all'accertamento della compatibilità delle figure in esame.

Sulla scia di quanto detto sopra, il giudizio di inconfigurabilità del rapporto dipendente instaurato in casi vietati comporta la radicale ed assoluta nullità del vincolo giuridico previdenziale, nullità che determina la perdita di ogni diritto e/o pretesa di natura pensionistica e comporta la restituzione dei contributi versati nella supposta situazione di irregolarità, in quanto giuridicamente indebiti.

La verifica della sussistenza della subordinazione

La questione si risolve, nella maggior parte dei casi, nella verifica della sussistenza, nel rapporto di lavoro controverso, delle caratteristiche tipiche della subordinazione, eventualmente attenuata, come nel caso del dirigente.

La regola generale è, dunque, in linea di principio, molto semplice: il rapporto di lavoro subordinato è ritenuto compatibile con la qualità di amministratore purché esista effettivamente il vincolo della subordinazione, ovvero, per dirla in altri termini, da una diversa prospettiva, la medesima attività non può essere oggetto, nel contempo, del rapporto di lavoro subordinato e del lavoro di amministrazione, essendo, invece, indispensabile individuare una serie di mansioni riconducibili esclusivamente al contratto di lavoro e non anche allo svolgimento della funzione di amministratore.

Questo vincolo si esprime, in generale, nell'assoggettamento del lavoratore al potere gerarchico, direttivo e disciplinare (Cass. 36362/2021; Cass. 10909/2019, con specifico riferimento alle società personali; Cass. 19596/2016; Cass. 19050/2015; Cass. 24972/2013) del titolare dell'impresa e il relativo accertamento va condotto, come ha insegnato la Cassazione a suo tempo, avendo riguardo – innanzitutto – oltre che alla posizione di assoggettamento del lavoratore al potere direttivo dell’imprenditore – all’inserimento del lavoratore medesimo nell’organismo aziendale, secondo lo schema desumibile dagli artt. 2086, 2094 e 2104 cod. civ., mentre altri elementi, come l’assenza del rischio, l’oggetto della prestazione ed il sistema di retribuzione, hanno valore solo indicativo (v. già Cass. 3995/1981).

La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che la qualità di amministratore di una società di capitali è cumulabile con quella di lavoratore dipendente della medesima società allorquando sia individuabile la formazione di una volontà imprenditoriale distinta, tale da determinare la soggezione del dipendente-amministratore ad un potere disciplinare e direttivo esterno, sì che la qualifica di amministratore costituisca uno schermo per coprire un’attività configurabile, in realtà, nei termini di un normale lavoro subordinato (Cass. 381/2000; v. anche Cass. 329/2002).

A questo proposito, dunque, può enuclearsi il principio per cui, attesa la compatibilità giuridica tra le funzioni di lavoratore dipendente e quelle di amministratore di una società, la sussistenza di un tale rapporto deve essere verificata in concreto, essendo necessario accertare, da una parte, l’esistenza di una volontà della società distinta da quella del singolo amministratore e, dall’altra parte, il ricorrere dell’elemento tipico, qualificante, della subordinazione (Cass. 894/1998).

Specificamente, la compatibilità non deve essere verificata solo in via formale, con riferimento esclusivo allo statuto e alle delibere societarie, occorrendo invece accertare in concreto la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione (Cass. 11119/1993).

Le questioni affrontate nella sentenza Cass., ordinanza, n. 2487 del 27 gennaio 2022

Il caso di specie - invero emblematico - è incentrato sulla posizione di due amministratori, costituenti il consiglio di amministrazione, legati da un rapporto di lavoro subordinato nei confronti della Società.

Nessuno degli amministratori in posizione paritaria poteva adottare (attesa la necessità di una decisione congiunta di entrambi sulle principali scelte gestionali, incluse quelle relative al personale) autonome decisioni gestorie sul proprio rapporto di lavoro, per la soggezione alla disciplina del divieto di assunzione di decisioni (o di partecipazioni ad esse) in conflitto di interessi.

La Corte d’appello di Firenze aveva rigettato le domande dei due soci di una società a responsabilità limitata nei confronti dell’INPS, che aveva disconosciuto, con verbale ispettivo, la natura subordinata dei rapporti di lavoro intrattenuti dalla società con i due amministratori e soci, in quanto entrambi, ed essi soli, membri del CdA: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva invece accolto l'opposizione della società al detto accertamento e al conseguente addebito di contributi previdenziali.

La Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza della Corte d’appello sulla base di una duplice motivazione: l’accertata esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, alle condizioni viste, con la sottomissione di ognuno dei due amministratori al potere organizzativo e direttivo di entrambi, quale manifestazione di una subordinazione effettiva; la mancata valutazione della effettiva spettanza dell’onere probatorio in capo all’INPS, intento nelle sedi giudiziarie in questione a far valere il rapporto di lavoro subordinato e, quindi, onerato della prova del vincolo di subordinazione nei confronti dell’organo amministrativo della società (Cass. 8613/2018; Cass. 24972/2013; Cass. 19596/2013; Cass. 23600/2009).

Ebbene, la Corte territoriale ha in proposito omesso ogni accertamento, sull'erroneo presupposto, ritenuto ex se dirimente in senso ostativo, della qualità di entrambi i lavoratori di membri del C.d.A. della società (di cui pure ciascuno socio al 50%), nonostante la previsione nella delibera di loro nomina della necessità di una decisione congiunta di entrambi sulle principali scelte gestionali, comprese quelle relative al personale: in assenza, in capo ad ognuno dei due amministratori, di un autonomo potere direttivo sul personale rapporto di lavoro, invece conferito a un diverso centro decisionale di "amministrazione congiunta sovrapersonale"; per giunta, avendo la medesima invertito l'onere probatorio, posto a carico della società, anziché dell'INPS, per le ragioni dette.


Articolo scritto per "ISPER HR Review" - n° 230 del 30 Ottobre 2024 - da Pasquale Dui e Luigi Antonio Beccaria

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