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Amministrazione Personale

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Personale Internazionale

Luigi Rodella

N° 218

26 giugno 2024

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La residenza fiscale del lavoratore recentemente modificata dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 209 del 27/12/2023

La residenza fiscale nel Tuir

L’importanza attribuita al concetto di residenza fiscale del lavoratore, emerge nel momento in cui il datore di lavoro si appresta a distaccare per lunghi periodi ovvero a trasferire il proprio dipendente all’estero; in quella occasione egli dovrà tenere in considerazione il fattore relativo alla residenza fiscale del lavoratore, disciplina contenuta negli articoli 2 e 3 del d.P.R. 917/1986.

Nel nostro ordinamento tributario le imposte sui redditi si applicano sia alle persone fisiche “residenti” nel territorio dello Stato che alle persone “non residenti”, ma la base imponibile per le due categorie di contribuenti presenta notevoli differenze.

Il principio di tassazione, comune a quasi tutti gli ordinamenti tributari maggiormente evoluti è quello del worldwide taxation principle, in base al quale i soggetti fiscalmente residenti in Italia sono tassati sulla base del reddito globalmente prodotto, a prescindere dalla natura e dal luogo di produzione del medesimo.

Per i “residenti” concorrono a determinare la base imponibile tutti i redditi posseduti, sia in Italia che all’estero, secondo il principio poc’anzi accennato; per i “non residenti” solo quello prodotto nel territorio dello Stato, secondo il principio della territorialità.

Esaminando quest’ultimo aspetto, se dovessimo utilizzare il sistema rigido della territorialità, per i cittadini residenti che abbiano prodotto un reddito all’estero, si applica necessariamente una duplice tassazione: nel Paese di destinazione (in base al principio della territorialità) ed in Italia in base al principio della tassazione mondiale.

L’adozione del principio della tassazione del reddito complessivo ovunque prodotto, ha imposto, al fine di poter superare le difficoltà pratiche derivanti dalla duplice tassazione, due rimedi:
il primo consiste nella sottoscrizione di convenzioni internazionali che mirano a definire reciprocamente le modalità di tassazione in base ad uno dei due Paesi;
il secondo, in mancanza di accordi internazionali prevede l’attribuzione di un credito di imposta, da riconoscersi al lavoratore che ha subito il duplice prelievo.

Modifica all'articolo 2 comma 2 del TUIR - apportata dall'articolo 1 del D.Lgs. n. 209 del 27/12/2023

L’articolo 2, comma 2, del d.P.R. 917/1986, attualmente modificato dall'articolo 1 del DLGS n. 209 del 27/12/2023, prevede:

«2. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti.
Ai fini dell'applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.
Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.
».

Il citato decreto legislativo n. 209/2023, rispetto alla precedente stesura ha introdotto questi nuovi concetti:

  1. Concorrono alla determinazione della "maggior parte del periodo d'imposta" anche le frazioni di giorno. Si ritiene che questa nuova metodologia, sarà destinata a creare incertezza, alimentando contenziosi nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, in quanto si rende molto difficile introdurre un criterio di computo certo "delle frazioni di giorno" per raggiungere "la maggior parte del periodo d'imposta" (183 o 184 giorni), in alternativa si potrebbe intendere che "una frazione di giorno rappresenta un giorno di presenza".
    Rispetto alla precedente formulazione, la presenza fisica viene ad assumere un ruolo specifico che appare come criterio di individuazione della residenza, infatti, sulla base di questo elemento potrebbe essere considerato residente un soggetto domiciliato all'estero che si trova a trascorrere sei mesi in Italia per diverse ragioni come ad esempio, per salute, studio, ferie, ecc.
    Anche in questo caso, per evitare possibili effetti distorsivi della norma, si rende opportuno un chiarimento ministeriale.
  2. Si presume siano residenti fiscali in Italia "SALVO PROVA CONTRARIA", le persone iscritte per la maggior parte del periodo d'imposta nelle anagrafi.
    Di fatto un soggetto che vive stabilmente all'estero, ma ha lasciato l'iscrizione nelle anagrafi italiane senza essersi iscritta all'AIRE, ha la possibilità di dimostrare (con prova a suo carico) l'effettiva residenza fiscale estera, facendo anche riferimento all'articolo 4 par. 2 della Convenzione OCSE (Residenza).
  3. In precedenza le persone dovevano rispondere ai seguenti requisiti: 1) essere iscritte per la maggior parte del periodo d'imposta nelle anagrafi comunali della popolazione residente; ovvero - avere in Italia il domicilio ai sensi del Codice civile; ovvero avere in Italia la residenza ai sensi del Codice civile.
    Ora il presente Decreto legislativo introduce una ulteriore ipotesi: "essere ivi presenti".
    Da ciò si desume che è sufficiente essere "essere ivi presenti" in Italia per la maggior parte del periodo d'imposta considerando anche le frazioni di giorno, ovviamente senza essere nè residente secondo il codice civile e neppure domiciliato.
    Anche su questo ultimo punto sarebbe importante avere dei chiarimenti.
  4. Ridefinizione di domicilio.
    La precedente normativa rimandava sia per la residenza che per il domicilio, alla definizione codicistica, (domicilio art. 43 comma 1 Codice civile, residenza art. 43 comma 2 Codice civile) che prevede: "Domicilio e residenza. Il domicilio di una persona è il luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi.
    La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale
    ".
    Oggi invece viene confermato il criterio di individuazione della residenza, in base all'articolo 43 comma 2, mentre per il domicilio viene specificato che "per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona".

Riguardo a quanto esposto, gli elementi che determinano la residenza fiscale in Italia sono innanzitutto:

  • l’iscrizione nelle anagrafi comunali della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta (salvo prova contraria), considerando anche le frazioni di giorno;
  • il domicilio nel territorio dello Stato, non più ai sensi dell’articolo 43, comma 2, del codice civile, ma in base alla nuova definizione "per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona".
  • la residenza nel territorio dello Stato, ai sensi dell’articolo 43, comma 2, del codice civile.
  • essere ivi presenti per la maggior parte del periodo d’imposta.

Dal testo della norma, è chiaro che i predetti elementi sono tra loro alternativi e non concorrenti, è quindi sufficiente che si verifichi uno solo di essi, affinché un soggetto sia considerato fiscalmente residente in Italia.

Parimenti, esaminando quest’aspetto dall’altro verso, affinché non si configuri il presupposto di residenza fiscale in Italia, è indispensabile che nei confronti del soggetto si realizzino tutti e quattro i requisiti: - non deve avere la residenza/domicilio in Italia, non essere iscritto nelle anagrafi italiane per più di sei mesi e non essere ivi presente per la maggior parte del periodo d'imposta.

Il Ministero delle finanze ha sempre affermato che la mera cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione nell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici.

Da ciò discende che, l’aver stabilito il domicilio in Italia ovvero aver fissata la propria residenza codicistica nel territorio dello Stato, sono condizioni sufficienti per essere considerato residente fiscale in Italia, indipendentemente dall’iscrizione nell’anagrafe della popolazione.

Vorremmo ricordare che, ai fini dell'iscrizione all'Aire nella determinazione della residenza fiscale è recentemente intervenuto il presente decreto legislativo (D.Lgs. 209/2023 articolo 5 comma 6) che prevede: ".... i cittadini italiani si considerano residenti all'estero se sono stati iscritti all'anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) ovvero hanno avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi".


Articolo scritto per "ISPER HR Review" - n° 218 del 26 Giugno 2024 - da Luigi Rodella

Immagine di apertura: elaborazione su foto di Garik Barseghyan da Pixabay
Frecce: elaborazione su foto di Veronica Bosley da Pixabay