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Amministrazione Personale

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Personale Internazionale

Luigi Rodella

N° 157

22 marzo 2023

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Il trattamento previsto per i lavoratori all'estero - la trasferta e gli assegni di sede - Seconda parte

2ª di 2 parti



Disposizioni contenute nell'articolo 36 della Legge 342/2000 e nella Circolare del Ministero delle Finanze n. 207/e del 16 novembre 2000

Occorre innanzi tutto considerare che, nei confronti delle aziende e dei dipendenti distaccati all'estero, la portata della norma contenuta nel decreto 314/1997, che abrogava il beneficio esonerativo previsto nel Tuir, comportava pesanti ripercussioni nella sfera fiscale del lavoratore, con evidenti riflessi anche per le aziende.

Per comprendere la portata reale del problema, dobbiamo considerare che il lavoratore per non essere tassato in Italia, avrebbe dovuto perdere la residenza fiscale italiana, così come prevista dall'articolo 2 comma 2 del Tuir.

Però in molti casi, questo non era possibile in quanto, il lavoratore manteneva in Italia la famiglia.

In caso contrario, dal 1 gennaio 2001 avrebbe dovuto subire sul reddito prodotto all'estero una duplice imposizione: all'estero in base alla normativa fiscale locale ed in Italia in base alle nostre leggi fiscali ordinarie.

Aveva comunque diritto a fruire di un credito d'imposta, per le imposte pagate all'estero (articolo 15 del Tuir - successivamente rubricato all'articolo 165).

Di fronte a questo problema reale, al fine di rendere meno gravosa per il lavoratore la duplice imposizione, è intervenuto il legislatore italiano nel collegato alla legge finanziaria del 2001 (articolo 36 comma 1, della legge 342/2000).

Per effetto del nuovo regime, con decorrenza 1/1/2001, viene prevista una modifica all'articolo 48 del Tuir (ora articolo 51), con l'introduzione del comma 8 bis.

La nuova norma prevede che il reddito da lavoro dipendente prestato all'estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto qualora nell'arco dei dodici mesi, la permanenza nello Stato estero del percettore di tali redditi si sia protratta per un periodo superiore a 183 giorni, in deroga alle altre disposizioni contenute nell'articolo 48 del Tuir, viene determinato non sull'ammontare degli importi effettivamente percepiti, bensì con un criterio convenzionale, definito dall'articolo 4, comma 1, della legge n. 398/1987.

Questa ultima disposizione citata, prevede che "ai fini del calcolo dei contributi per i regimi assicurativi, per i lavoratori italiani operanti all'estero, con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministero del Tesoro, siano determinate retribuzioni convenzionali fissate con riferimento, e comunque in misura non inferiore, ai contratti collettivi nazionali di categoria raggruppati per settori omogenei".

Applicazione delle retribuzioni convenzionali - Ricadute pratiche

Per determinare l'importo sul quale calcolare le imposte ai fini del comma 8 - bis, del citato articolo 51 del Tuir, occorrre fare riferimento alle regole già utilizzate per determinare l'imponibile sul quale versare i contributi nei confronti dei lavoratori distaccati in un Paese extracomunitario non convenzionato.

In base alle regole stabilite dal Ministero del lavoro ed ogni anno riproposte dall'Inps (vedi per il 2022 la circolare INPS n. 12 del 26 gennaio 2022) l'Istituto evidenzia che sulla base di quanto stabilito dal D.M. 20.12.2017, “per i lavoratori per i quali sono previste fasce di retribuzione, la retribuzione convenzionale imponibile è determinata sulla base del raffronto con la fascia di retribuzione nazionale corrispondente, di cui alle tabelle citate all’art. 1”.

Al riguardo, si richiama il parere a suo tempo espresso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (circolare n. 72 del 21 marzo 1990), secondo cui, ai fini dell’attuazione della disposizione relativa alle fasce di retribuzione, per “retribuzione nazionale” deve intendersi il trattamento previsto per il lavoratore dal contratto collettivo, “comprensivo degli emolumenti riconosciuti per accordo tra le parti”, con esclusione dell’indennità estero.

La presente regolamentazione evidenzia immediatamente il limite di applicazione: innanzi tutto si deve fare riferimento alla retribuzione nazionale riconosciuta al lavoratore, con quella prevista nelle tabelle indicate nel D.M.; qualora non si possa trovare un riscontro con il SETTORE e la QUALIFICA, non è possibile applicare le retribuzioni convenzionali.

Questo è sicuramente un limite, soprattutto nelle ipotesi di assunzione da parte di società straniera dove ben difficilmente si possono trovare convergenze tra i settori e le qualifiche estere con quelle nostre interne.

Ulteriore limite all'applicazione dell'imponibile forfettario, lo abbiamo quando il distacco avviene senza rispettare la clausola che prevede l'esclusività e la continuità della prestazione estera.

Qualora non fosse possibile applicare le retribuzioni convenzionali, si devono applicare le retribuzioni effettive, rispettando la nostra normativa interna.

Vorrei inoltre evidenziare che nella ipotesi di applicazione delle retribuzioni convenzionali, viene esclusa dal computo dalla determinazione l'indennità estero.

Questa esclusione viene ribadita dalla circolare del Ministero delle Finanze 207/E del 16 novembre 2000 al punto 1.5.7, specificava: "La disposizione in commento stabilisce che, ai fini della determinazione della base imponibile relativa all’attività prestata all’estero, debba essere considerata una retribuzione convenzionale, senza tener conto dei compensi effettivamente erogati. Dall’introduzione del criterio convenzionale consegue che qualora il datore di lavoro riconosca al proprio dipendente alcuni benefits, questi emolumenti in natura non subiscono alcuna tassazione autonoma in quanto il loro ammontare sarà ricompreso forfetariamente nella retribuzione convenzionale".

Sulla base di queste precisazioni, si potrebbe ragionevolmente concludere che per i dei lavoratori distaccati all'estero, nei confronti dei quali è possibile applicare il comma 8- bis, l'indennità di sede estera (inclusiva delle indennità e dei fringe benefit), non concorre alla determinazione della fascia prevista per la determinazione delle retribuzioni convenzionali ai fini fiscali.

Questa soluzione è stata anticipata dalla circolare 326/E del 1997, anche se non si riferiva specificatamente al comma 8 - bis, in quanto questo veniva emanato negli anni successivi.

In questo caso, credo si possa giungere alle analoghe conclusioni di esclusione, in precedenza previste per l'articolo 3 comma 3 lettera c) del Tuir; ora riferite all'applicazione del comma 8 - bis, dell'articolo 51 del Tuir.

Applicazione degli imponibili riferiti alle retribuzioni reali

In alcune ipotesi, si devono considerare gli imponibili reali, non potendo applicare le retribuzioni convenzionali.

Questo avviene quando non c'è un contratto sottoscritto in via continuativa e come esclusivo del rapporto, da dipendenti che nello Stato estero soggiornano per periodi superiori a 183 giorni; per cui, non potendo escludere dalla tassazione l'indennità estera, l'imposizione avviene nella misura definita dal comma 8 dell'articolo 51 (assoggettamento al 50%).

Vorrei evidenziare che anche i relativi benefit riconosciuti, devono sottostare alla nostra normativa interna.

In questa sede vorrei soffermarmi sul benefit casa, normalmente riconosciuto al lavoratore distaccato.

Nella nostra specifica ipotesi, abbiamo evidenziato che nella determinazione della base imponibile "fiscale" viene considerata, in quanto non può essere assorbita dalle "retribuzioni convenzionali".

L'articolo 51 comma 4 lettera c) del Tuir, definisce l'importo del fabbricato che concorre alla determinazione degli imponibili fiscali (e previdenziali in base all'armonizzazione delle basi imponibili)... per i fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, si assume la differenza tra la rendita catastale del fabbricato, aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell'utilizzatore e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato stesso...

Questo criterio vale per gli immobili in Italia, non potendo essere applicato per quelli esteri.

Infatti la circolare 326/E del 23 dicembre 1997 precisa: "Un criterio diverso è stabilito, invece, per i fabbricati che non devono essere iscritti nel catasto, ad esempio, i fabbricati situati all'estero, per i quali il valore da far concorrere alla formazione del reddito di lavoro dipendente è dato dalla differenza tra il valore del canone di locazione determinato in regime vincolistico o, in mancanza, quello determinato in regime di libero mercato, e quanto corrisposto o trattenuto per il godimento del fabbricato; tale criterio si applica, senza alcuna riduzione, anche ai fabbricati concessi in connessione all'obbligo di dimorare nell'alloggio stesso. Ai fini dell'applicazione degli speciali criteri di determinazione dell'importo da far concorrere a tassazione per i fabbricati concessi in locazione, uso o comodato, previsti nella disposizione in esame, non è richiesto che l'attribuzione degli stessi discenda da un obbligo scaturente dal contratto collettivo nazionale di lavoro, da accordo o regolamento aziendale".

Rilevo inoltre che molti esperti, quando non si possono applicare le retribuzioni convenzionali, si sono orientati nel considerare tutta la remunerazione riconosciuta al lavoratore distaccato, sia per la parte retributiva che per quella risarcitoria (fringe benefit), sotto forma di assegno di sede estera.

In questo modo il tutto verrebbe assoggettato alla fiscalità del 50%, non ritenendo si debba rendere conto nè della parte retributiva nè di quella risarcitoria.

A questo proposito, vorrei evidenziare che gli assegni di sede, non si possono cumulare con l'indennità di trasferta, ciò in quanto hanno una finalità comune con quest'ultima, che è quella di ristorare il vitto e l'alloggio, anche se (per l'assegno di sede) nel mese.

Per questo motivo mi pare poco sostenibile che "l'intera retribuzione", possa essere corrisposta sotto forma di "assegno di sede".

Questa impostazione, di norma viene suggerita per evitare di rendere più oneroso il prelievo fiscale e contributivo.

Personalmente credo che questa sia una scorciatoia anche se facilmente applicabile, pericolosa, in quanto si tratta pur sempre di un distacco ed il lavoratore distaccato deve mantenere, oltre che il legame organico con l'impresa distaccante, anche i rispettivi diritti acquisiti, e nello specifico tutta la parte retributiva.

Ulteriore considerazione; il datore di lavoro, qualora gli importi imponibili (ridotti al 50%) si rivelassero inferiori al dovuto, potrebbe essere sempre soggetto a rivendicazioni successive (incidenza sul TFR, minor versamento contributi e imposte).

Determinazione base imponibile previdenziale per i paesi convenzionati

Sulla base di quanto precedentemente esposto, il Decreto Legislativo 314/1997, aveva regolamentato ed armonizzato le basi imponibili sulle quali operare le ritenute previdenziali e quelle fiscali.

Gli articoli 5 e 6 stabilivano che “dal 1 gennaio 2001, per il calcolo della base contributiva occorre fare riferimento a quanto previsto dall’articolo 48 (ora art. 51) del TUIR, con l’effetto che la retribuzione convenzionale introdotta ai fini fiscali dovrà trovare applicazioni per le stesse ipotesi anche ai fini previdenziali.

Applicando questo principio, sarebbero quindi stati unificati i versamenti dei contributi previdenziali previsti per i lavoratori distaccati sia in Paesi convenzionati che in quelli non convenzionati.

Successivamente è stata sottoposta al Ministero del lavoro questa problematica.

Il Dicastero, con nota prot. 10291/P6Ii 158 del 19 gennaio 2001 della Direzione generale della previdenza ed assistenza, Div. II, aveva concluso che "… le disposizioni contenute nell'art. 48, comma 8 bis, del T.U.I.R. approvato con D.P.R. 22/12/1986, n. 917, introdotte dall'art. 36 della legge 21 novembre 2000, n. 342, vanno interpretate nel senso che le stesse esplicano i loro effetti esclusivamente in campo fiscale”.

Adeguandosi al suddetto orientamento del Ministero del Lavoro, con circolare n. 86 del 10 aprile 2001, la Direzione Generale dell’INPS ha affermato che, per il personale distaccato all’estero in Paesi CEE o legati all’Italia da accordi di sicurezza sociale, gli obblighi contributivi devono essere adempiuti sulla base della retribuzione effettiva di cui all’articolo 12 della legge 30 aprile 1969 n. 153, nel testo dettato dall’articolo 6 del Decreto legislativo 2 settembre 1997 n. 314 e non sulle retribuzioni convenzionali, che vanno applicate solo per gli adempimenti contributivi relativi ai lavoratori operanti all’estero in Paesi non convenzionati con l’Italia.

Anche la giurisprudenza si è adeguata a questa impostazione, segnalo due sentenze della Corte di cassazione:

  1. Sentenza della Cassazione civile sezione lavoro - sentenza n. 6/9/2016 n. 17646 che ha fissato un punto fermo su tutta questa materia.
  2. Sentenza Corte di Cassazione depositata il 30 maggio 2018.

In conclusione, possiamo affermare che al momento in cui ci apprestiamo a distaccare un lavoratore residente fiscale in Italia, in uno Stato estero con il quale l'Italia ha stipulato un Accordo sulla sicurezza sociale, dobbiamo applicare due diverse basi imponibili; la prima determinata in base al comma 8 bis) dell'articolo 51 del Tuir (tassazione concorrente con applicazione retribuzioni convenzionali ex lege 398/1987); l'altra base imponibile, per versare i contributi previdenziali, si applica sull'imponibile reale determinato applicando la normativa interna.

Di conseguenza, anche l'assegno di sede, non può essere considerato nell'imponibile forfettario ex 398/1987, ma viene assoggettato al trattamento previsto dal comma 8 dell'articolo 51 del Tuir.

Le convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni

Deroghe all’applicazione delle disposizioni interne, sono quelle contenute nelle Convenzioni bilaterali, che hanno prevalenza rispetto alle norme del singolo Stato.

Ogni accordo, trae origine dal modello di Convenzione OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).

Di solito, le disposizioni contenute prevedono la tassazione esclusiva in uno dei due Stati.

Le ipotesi più ricorrenti disciplinate riguardano i lavoratori frontalieri, i lavoratori marittimi, i lavoratori operanti in piattaforme petrolifere, il trasporto aereo, i pensionati, i lavoratori autonomi, nonché i lavoratori subordinati inviati all'estero per brevi periodi inferiori ai sei mesi.

Questi ultimi vengono disciplinati dall'articolo 15 della Convenzione.

(Segue dalla prima parte pubblicata sul numero 156 del 15 Marzo 2023)


Articolo scritto per "ISPER HR Review" - n° 157 del 22 Marzo 2023 - da Luigi Rodella

Immagine di apertura: eleaborazione su foto di Yuri da Pixabay
Frecce: elaborazione su foto di Veronica Bosley da Pixabay