Area
Diritto del Lavoro

Topic
Giurisprudenza

Maurizio de la Forest de Divonne

N° 52

24 febbraio 2021

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Blocco dei licenziamenti a causa del Covid-19: i primi casi giurisprudenziali

Il Tribunale di Mantova, con la recente sentenza n. 112, dell’11.11.2020, ha così statuito: “Il divieto generalizzato di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo introdotto dall'art. 46 del decreto Cura Italia e prorogato dai provvedimenti successivi appronta una tutela temporanea alla stabilità dei rapporti per salvaguardare la stabilità del mercato e del sistema produttivo connotata anche dalla necessità di soddisfare esigenze di ordine pubblico.
Dal carattere imperativo e di ordine pubblico della disciplina del blocco dei licenziamenti deriva la nullità dei licenziamenti adottati in contrasto con la regola, con conseguente sanzione ripristinatoria ex art. 18, co. 1, legge n. 300/1970 ed ex art. 2 del D.Lgs. n. 23/2015, derivando la nullità espressamente dall’art. 1418 c.c.”.

Come sappiamo il c.d. “blocco” dei licenziamenti, prevede un divieto generalizzato di intimare licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell’art. 3 L. 604/1966, e di dare avvio alle procedure di licenziamento collettivo, di cui alla legge n. 223/1991.

Tale divieto, introdotto in origine dall’art. 46 del D.L. 18/2020 (Decreto Cura Italia), è stato poi via via confermato e, in parte modificato, dai provvedimenti governativi susseguitesi a cascata in un breve lasso di tempo e, da ultimo, prorogato sino al 31.03.2021 dalla L. 178/2020 (Legge di Bilancio 2021).

La vicenda, decisa dal Tribunale Mantovano, traeva origine da un’asserita cessazione dell’attività aziendale, avvenuta proprio in concomitanza del divieto di recesso per motivi economici: nel caso concreto, un’azienda, dopo aver collocato la lavoratrice in cassa integrazione e averle fatto esaurire le ferie accumulate, ha licenziato la stessa con lettera del 09.06.2020, proprio per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 L. 604/1966, stante la chiusura della sede operativa ove ella operava e successiva cessazione dell’attività dell’azienda.

La lavoratrice sosteneva che, in realtà, l'attività aziendale non era mai cessata, in quanto non solo risultava ancora attivo il punto vendita ove la stessa prestava servizio, ma anche gli altri punti vendita della società erano ancora funzionanti, rivendicando la pretestuosità e l’illegittimità del licenziamento irrogato.

Il Tribunale di Mantova ha accolto il ricorso, sul presupposto che il licenziamento intimato in concomitanza del divieto di recesso disposto per motivi economici, come sopra indicato, è affetto da nullità per violazione dell’art. 1418 c.c., dovendo quindi essere sanzionato con la reintegrazione sul posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno ed al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, così come previsto dall’art. 18, comma 1, L. n. 300/1970 e, per i “nuovi assunti”, dall’art. 2 del D.Lgs. 23/2015.

In applicazione dell’art. 1418 c.c., il contratto è nullo quando è contrario alle norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente.

Il Tribunale di Mantova ha ricondotto le tutele emesse dal Governo durante l’emergenza epidemiologica, causata dal Covid-19, all’interno degli strumenti tesi alla stabilità del mercato e del sistema economico del Paese, nell’ottica di una misura di politica attiva del lavoro e dell’economia nazionale, collegata ad esigenze di ordine pubblico.

Ebbene, proprio dal carattere imperativo e di ordine pubblico della disciplina sul blocco dei licenziamenti, a detta della sentenza in commento, conseguirebbe la nullità dei recessi adottati in contrasto con tale regola, con tutte le conseguenze che abbiamo visto pocanzi.

Si segnala, sullo stesso tema, anche una pronuncia emessa alcuni giorni dopo dal Tribunale di Ravenna, con sentenza del 07.01.2021, avente ad oggetto un licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, anch’esso intervenuto durante il “blocco” dei licenziamenti disposti dal Governo.

Il Tribunale di Ravenna, pur statuendo su una fattispecie giuridica differente da quella valutata dal Tribunale di Mantova, ha comunque disposto la nullità di tale recesso per contrarietà a norme imperative e di carattere pubblico ex art. 1418 c.c., considerando il licenziamento per inidoneità sopravvenuta nell’alveo dei recessi per giustificato motivo oggettivo e ricomprendendolo, quindi, nell’ambito applicativo del blocco predetto.

Tra l’altro, anche l’Ispettorato del Lavoro (nota n. 298 del 24 giugno 2020) ha confermato una tale impostazione.

Al pari della pronuncia in commento, anche il Tribunale di Ravenna, stante la violazione di norme imperative e di carattere pubblico, ha condannato alla reintegrazione del lavoratore, oltre al risarcimento del danno in favore dello stesso ed al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali previsti per legge.

Ad analoga conclusione è, infine, pervenuto il Tribunale di Roma con ordinanza del 20.10.2020, sia pur basandosi su una fattispecie ancora differente da quelle sopra analizzate.

Si tratta, a ben vedere, solo delle prime pronunce dei giudici di merito, sulle quali potrà esserci una differente decisione, a seconda dei casi, del giudice dell’opposizione o da parte della Corte d’Appello, senza considerare eventuali sentenze dei giudici di legittimità.

Solo il tempo, come sempre, ci consentirà di comprendere se, quanto sopra espresso, sarà confermato.

Tratto da "Sentenze e Commenti" - Febbraio 2021 - Uno dei servizi dell'Abbonamento ISPER