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Cultura delle Risorse Umane

Topic
Selezione

C.G. Cortese - L. Battistella - S. Actis Grosso - S. Bertolini

N° 46

20 gennaio 2021

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L’Impression Management nel colloquio di selezione: evidenze da una ricerca sul campo

L’impression management

In ogni interazione quotidiana, oltre al semplice contenuto di ciò che diciamo a parole, viene trasmessa anche una certa immagine di noi stessi, che si genera attraverso le impressioni che suscitiamo presentandoci e atteggiandoci in un determinato modo.

Spesso interagiamo cercando di controllare l’impressione che diamo agli altri, con l’intento di perseguire degli obiettivi specifici, che possono essere ricondotti al bisogno di sentirsi riconosciuti, apprezzati e valorizzati (Mazzoleni e Facioli, 2006).

In alcune situazioni, tra cui il colloquio di selezione, il giudizio del nostro interlocutore diventa ancora più rilevante, ed è dunque possibile che si mettano in atto delle strategie per gestire e controllare le impressioni, definite impression management.

Secondo Leary e Kowalski (1990, p. 34) l’impression management è “il processo mediante il quale gli individui tentano di controllare le impressioni che gli altri si formano di loro”, e questo al fine di influenzare positivamente la loro percezione e valutazione.

In questo caso è dunque possibile parlare di una “presentazione di sé strategica” (Jones e Pittman, 1982), che viene distinta in cinque classi: l’azione finalizzata ad ingraziarsi qualcuno (ingratiation), l’intimidazione (intimidation), l’autopromozione (self-promotion), l’esemplificazione (exemplification) e la supplica (supplication).

L’ingratiation è indubbiamente la strategia più utilizzata nella presentazione di sé, e può presentarsi sotto forma di conformismo, adulazione, essere servizievoli e offrire favori, oppure sotto forma di vari tipi di descrizioni di sé - dirette o indirette - volte ad aumentare il livello di apprezzamento del proprio interlocutore.

L’intimidazione è l’opposto dell’ingratiation: l’intimidatore cerca infatti di convincere il proprio pubblico di avere le risorse per infliggere sofferenza o stress e la capacità di usarle se gli altri non faranno ciò che desidera.

La self-promotion è l’azione intrapresa al fine di aumentare il livello di attribuzione di competenza, in riferimento al livello generale di abilità (es. intelligenza) o riguardo una capacità specifica (es. suonare il flauto).

L’exemplifier, invece, mira a ottenere un’immagine di integrità e dignità morale, presentandosi come una persona onesta, disciplinata e pronta al sacrificio, con lo scopo di suscitare emulazione.

Infine, quando non si possiedono le risorse per attuare le precedenti strategie si utilizza la supplica, presentandosi come deboli e enfatizzando la propria dipendenza, per richiamare le norme di obbligazione e responsabilità sociale, così da ottenere ciò che desidera.

Le impressioni pre-colloquio

Già durante l’attività di screening dei curricula, di interazione telefonica per la convocazione e di analisi dei risultati degli eventuali test, i selezionatori si costruiscono delle impressioni che possono influenzare in modo significativo le modalità di conduzione del colloquio e la valutazione finale dei candidati.

Gli studi condotti fino ad ora hanno evidenziato come tali impressioni possono essere influenzate da alcuni mediatori cognitivi, tra cui la categorizzazione, la formazione di stereotipi e il pregiudizio (Cortese e Del Carlo, 2017).

Le caratteristiche dei candidati considerate in questa fase possono essere di due tipi: immutabili e non manipolabili dall’individuo (indices), oppure mutabili e più facilmente manipolabili da parte del soggetto (signals).

Caratteristiche di questo secondo tipo si prestano maggiormente all’utilizzo del deceptive impression management (Levashina e Campion, 2007), che implica un cosciente occultamento di ciò che si sostiene, al fine di ottenere una valutazione più positiva.

Per quanto riguarda gli indices, è possibile considerare il genere, l’età e l’etnia.

Diversi studi sociologici hanno trattato il fenomeno degli stereotipi di genere (o sex-typing), che può produrre segregazione orizzontale (concentrazione delle donne solo in alcuni settori lavorativi) o segregazione verticale (concentrazione delle donne nei livelli gerarchici medio-bassi, con retribuzioni più basse e minori opportunità di carriera; (Semenza, 2014).

Riguardo all’età, è possibile che intervengano stereotipi e pregiudizi verso i giovani che porterebbero i selezionatori a valutarli come poco produttivi e poco affidabili, e quindi discriminarli durante il processo di selezione, oppure avvantaggiarli rispetto ai lavoratori con più esperienza per quelle posizioni che richiedono poca esperienza, sono precarie o richiedono frequenti spostamenti, in quanto si presuppone che essi abbiano minori esigenze economiche, minori legami familiari e quindi più disponibilità alla flessibilità salariale e funzionale (Colombo, 2006).

Gli stereotipi basati sull’etnia potrebbero portare i selezionatori a sviluppare uno schema mentale tale per cui alcuni gruppi (es. gli ispanici, gli asiatici o gli africani) tenderebbero a essere ritenuti adeguati per alcune occupazioni e non per altre.

Vi sono studi che hanno dimostrato come tali stereotipi possano essere attivati semplicemente dalla lettura del nome dell’individuo (King et al., 2006).

Passando ai signals, il titolo di studio e altri elementi ad esso collegati come il voto o il nome dell’istituzione nella quale si sono svolti gli studi potrebbero essere valutati positivamente, come testimonianze dell’impegno e della volontà del candidato di mettersi alla prova o, addirittura, potrebbero essere visti con sospetto (neo-laureati “eccellenti” potrebbero aspirare a posizioni ad alta professionalità che spesso non sono disponibili e quindi ciò che si teme è il costo elevato di un eventuale turnover).

Per ultime, si considerano le esperienze lavorative pregresse, che possono essere professionalizzanti o non professionalizzanti, continue o non continue, e che richiedono o meno una qualifica specifica (i cosiddetti “lavoretti” tipici della gig economy).

Dagli studi sul tema emerge che le esperienze qualificanti siano valutate in modo migliore rispetto ai “lavoretti”, perché le prime forniscono al soggetto specifiche competenze che possono diventare elementi oggettivi per la valutazione di idoneità del candidato, mentre i secondi potrebbero essere valutati solamente come indicatori di soft skills, e dunque risultare più aleatori.

Le impressioni durante il colloquio

Una volta identificati i candidati da contattare, i selezionatori li convocheranno per il colloquio, che servirà per valutarne l’allineamento del suo profilo con quello ricercato.

Le impressioni via via formulate nel corso del colloquio sono influenzate dalle caratteristiche del candidato, dai suoi comportamenti non verbali e da quelli verbali.

Per quanto riguarda le caratteristiche del candidato, è stato studiato l’effetto di interazione tra il genere del candidato e quello del selezionatore: le ricerche sul tema hanno evidenziato come esistano sia bias di similarità (il selezionatore avvantaggia il candidato dello stesso genere), sia di attrazione fisica.

È stato dimostrato, infatti, come l’attrattività possa essere una caratteristica vantaggiosa per il candidato, anche per il fatto che coloro che sono più attraenti hanno tendenzialmente una maggiore fiducia in se stessi e un più alto senso di autoefficacia, che potrebbero impressionare positivamente il selezionatore (Watkins e Johnston, 2000).

Altre caratteristiche fisiche del candidato che potrebbero agevolarlo durante la valutazione sono: avere un’espressione facciale matura, così da apparire più affidabili e seri, non essere sovrappeso, poiché le persone obese sono ritenute più pigre e meno disciplinate, e non presentare evidenti segni di disabilità fisica, in quanto le persone disabili sono stereotipicamente giudicate come infelici, poco equilibrate o dipendenti.

Ulteriori elementi che vengono valutati durante un colloquio di lavoro sono l’abbigliamento del candidato e il suo aspetto esteriore (viene avvantaggiato chi ha un’apparenza curata).

La comunicazione non verbale è un insieme molto eterogeneo, che comprende le espressioni del viso, l’orientamento corporeo, la postura, la gestualità, la distanza interpersonale, il contatto visivo e quello fisico.

Tali elementi sono ritenuti difficilmente manipolabili e, per questo motivo, gli “indizi” che se ne ricavano vengono considerati autentici e affidabili.

A tal proposito, i comportamenti non verbali valutati in maniera più positiva di altri durante il colloquio sono i movimenti del capo e delle mani sincroni rispetto a ciò che si sta dicendo a livello verbale, la postura eretta, l’adozione di un prolungato contatto visivo nei confronti del selezionatore, e il sorriso, soprattutto all’inizio e alla fine del colloquio, momenti in cui avviene una tipica interazione tra due persone che hanno lo scopo di costruire una relazione sociale amichevole.

Per quanto riguarda la comunicazione verbale, viene valutata l’appropriatezza dei contenuti, la correttezza formale, l’assenza di inflessioni dialettali o dell’accento straniero, lo stile comunicativo, il tono della voce, il ritmo e la fluenza.

Alcuni di questi elementi si prestano maggiormente a falsificazioni e controlli da parte del candidato per cercare di ottenere un vantaggio nella valutazione, ma il selezionatore competente sarà in grado di eludere questi tentativi adottando delle mosse che si possono definire di smascheramento1.

La gestione delle impressioni: una ricerca sul campo

Lo scopo principale dei professionisti della ricerca e selezione del personale è individuare la persona più idonea a occupare una posizione “aperta” all’interno di uno specifico contesto lavorativo.

A tal fine, la loro valutazione deve essere il più possibile obiettiva e priva di bias.

Per esplorare questo processo gli autori hanno condotto una ricerca sul campo sul tema della gestione delle impressioni da parte dei selezionatori durante la ricerca e selezione del personale, in particolare nella fase dello screening dei curricula e del colloquio, proponendosi di rispondere a tre principali domande conoscitive:

  • Quali sono i criteri di valutazione che i selezionatori ritengono maggiormente rilevanti al fine di identificare il candidato più idoneo?

  • Si può rintracciare la presenza di bias nelle loro valutazioni?

  • In che modo viene gestito l’impression management messo in atto dal candidato?

Per rispondere a tali domande è stato utilizzato un questionario online creato sulla base della letteratura, rivolto ai professionisti della selezione operativi in tutta Italia e diffuso tramite social network, con scale di risposta di tipo Likert (a 5 punti) o scelta multipla; erano inoltre presenti campi aperti di approfondimento.

Descrizione del campione

Il campione è composto da 135 rispondenti, di cui 97 donne (71.8%) e 38 uomini (28.2%), con un’età media di 31.8 anni.

Coerentemente con la giovane età anagrafica, la maggior parte dei rispondenti ha dichiarato di lavorare nel settore da 1 a 5 anni (50.4%) o da meno di un anno (il 24.4%).

La maggioranza degli intervistati (67.4%) ha dichiarato di possedere una laurea magistrale o di vecchio ordinamento, oppure un master post-laurea in ambito HR (18.5%).

Per quanto riguarda l’ambito di formazione dei selezionatori, la maggioranza (il 66.7%) ha affermato di avere una formazione psicologica, mentre sono meno rappresentati altri tipi di laurea (sociologia, antropologia, scienze politiche e sociali, economia e marketing, giurisprudenza, ecc.).

La nazionalità del campione è in prevalenza italiana (98.5%), e per lo più proveniente dal Nord-Ovest (74.0%).

Principali risultati2

La ricerca ha indagato numerose variabili, riguardanti sia caratteristiche dei candidati che potevano essere già valutate in fase di pre-colloquio (genere, età, etnia, istruzione, esperienze pregresse) sia caratteristiche più propriamente valutate durante il colloquio in presenza (fisiche/estetiche, abbigliamento, personalità, social skills, disponibilità a spostamenti geografici, progettualità per il futuro, background familiare, stato civile/familiare), e infine lo stile di comunicazione (verbale e non).

Tra tutte queste variabili, i rispondenti hanno indicato come criteri più rilevanti per il processo decisionale l’età del candidato, le sue esperienze lavorative pregresse, le soft skills, la progettualità futura, la comunicazione verbale e non verbale (a titolo di esempio, la domanda relativa all’età era così formulata: Durante la fase di screening dei curricula, l'età del candidato quanto è rilevante ai fini della ricerca dei candidati da convocare per il colloquio? - Scala di risposta da 1=poco a 5=molto).

L’età (media = 3.49) del candidato sembra essere una maggiore discriminante rispetto al genere e all’etnia durante lo screening dei curricula, perché includerebbe in sé informazioni riguardanti l’esperienza che risultano particolarmente importanti nel momento in cui si ricercano profili senior e che richiedono un maggior livello di responsabilità e managerialità.

In ogni caso, il criterio più rilevante in assoluto per i rispondenti è quello relativo alle esperienze lavorative pregresse (media = 4.39).

Grazie a queste, infatti, i selezionatori ritengono di ottenere informazioni più oggettive sulle competenze apprese in passato svolgendo una determinata mansione, e ciò permette loro di poter dare una valutazione più imparziale sull’idoneità del candidato.

Per quanto riguarda le caratteristiche indagate durante il colloquio, per il 96.3% dei selezionatori le soft skills che derivano dai “lavoretti” sembrano rilevanti, in quanto al giorno d’oggi tutte le attività sono integrate fra loro e i lavoratori hanno come primo obiettivo quello di collaborare per far funzionare al meglio il processo in cui sono inseriti.

Inoltre pare importante che i candidati, soprattutto se giovani e alle prime esperienze lavorative, sappiano dare un’immagine di sé proiettata nel futuro (media = 3.64), perché in questo modo trasmettono l’impressione di avere degli obiettivi e la motivazione per raggiungerli, e non, viceversa, di essere immaturi, irresponsabili o poco ambiziosi.

La comunicazione verbale (media = 4.15) e non verbale (media = 4.12) risultano tra i focus principali durante il colloquio, ed è particolarmente interessante il fatto che queste debbano essere allineate e coerenti l’una con l’altra, così da far apparire il candidato più sicuro di sé e non dare l’idea che stia mentendo (“…deve essere il più possibile "sincera" ovvero non utilizzata dal candidato in modo da mascherare o limitare possibili punti deboli sulla propria preparazione…”).

Passando alla seconda domanda di ricerca, pare che i bias cognitivi persistano nelle valutazioni dei selezionatori, nonostante la presenza di normative anche in Italia che proibiscono le discriminazioni.

Secondo gli intervistati, gran parte della responsabilità è delle aziende clienti, che spesso “specificano i requisiti” della nuova risorsa che vogliono assumere.

In particolare, queste sembrano avere stereotipi e pregiudizi verso i giovani, le donne (soprattutto se giovani, sposate o conviventi) e alcune nazionalità come i nordafricani.

Tuttavia, anche tra i professionisti della selezione, pur sembrando più attenti e sensibili verso tali aspetti, sono rintracciabili alcuni bias, tra cui uno stereotipo “positivo” verso i giovani (forse dovuto ad un bias di somiglianza tra il candidato e il selezionatore, visto il fatto che il campione ha un’età media bassa), una tipizzazione occupazionale in base al genere, e la valutazione dell’aspetto fisico ed estetico (ad esempio, la presenza di piercing/tatuaggi o di handicap fisici sono riconosciute come aspetti che “portano verso valutazioni negative”).

Infine, secondo gli intervistati, le strategie di impression management più utilizzate da parte dei candidati sono quelle della self-promotion (descriversi in modo da apparire come competenti e motivati: la osserva il 42.2% dei selezionatori) e dell’ingratiation (conformismo e adulazione: 28.9%).

Sembra possibile anche che i candidati adottino strategie manipolatorie di deceptive impression management, che però si limiterebbero alla slight image creation (tentativi di falsificazione minori come gonfiare le proprie esperienze: 74.8%) e all’image protection (Leveshina e Campion, 2007) o processo di elusione (omissione di esperienze negative o delle reali motivazioni per cui si cerca un nuovo lavoro: 65.9%).

Per contrastare queste strategie, i selezionatori adottano invece alcune strategie che si possono definire mosse di smascheramento (Goffman, 1971), che consistono nell’utilizzo di tecniche quali porre la stessa domanda più volte durante il colloquio (38.9%), usare domande-trabocchetto (50.4%) o confrontare le informazioni con quanto emerge dai social (34.8%), anche se vi sono rispondenti che si muovono su logiche più intuitive e ritengono “sufficiente fare affidamento alla propria esperienza professionale”.

Conclusione

I risultati della ricerca, qui sinteticamente esposti, portano a due principali considerazioni.

La prima riguarda il fatto che gli interessati abbiano dichiarato con sincerità le difficoltà e i possibili errori che - riflettendo sulla propria pratica - riconoscono come possibili minacce per la qualità del loro lavoro.

Da segnalare, in tal senso che il 21.5% dei rispondenti ha ammesso di non conoscere la normativa volta a contrastare le discriminazioni nei contesti di lavoro.

Un ampliamento del campione di ricerca potrà consentire, in futuro, di evidenziare se tali difficoltà possono essere l’esito di specifiche carenze nel percorso formativo o derivare da altri fattori.

A proposito di formazione dei selezionatori, la seconda considerazione porta a sottolineare come l’unico antidoto sia una corretta preparazione, nel corso degli studi universitari, post-laurea e di accompagnamento alla vita professionale (es. workshop, convegni, ecc.), soprattutto in riferimento alle dinamiche psicologiche che si attivano nel momento in cui si entra in relazione con il candidato, sia “a distanza” mediante la lettura del CV, la telefonata di convocazione o l’analisi dei risultati ai test, sia “in presenza” nel corso del vero e proprio colloquio.

Conoscere se stessi, i propri bias più frequenti e la modalità con cui si reagisce alle situazioni relazionali rimane, in definitiva, il fondamento della competenza professionale di chi lavora in ambito ricerca e selezione.

Bibliografia

  • Colombo, S. (2006) I criteri di selezione del personale. Franco Angeli, Milano.

  • Cortese, C.G., Del Carlo, A. (2017) La selezione del personale. Raffaello Cortina Editore, Milano.

  • Jones, E.E., Pittman T.S. (1982) Toward a General Theory of Strategic Self-presentation, in J. Suls (ed.) Psychological Perspectives on the Self. Lawrence Erlbaum Associates, Hillsdale (NJ), vol. 1, 231-262.

  • King, E.B., Madera, J.M., Hebl M.R., Knight J.L., Mendoza, S.A. (2006) What’s in a Name? A Multiracial Investigation of the Role of Occupational Stereotypes in Selection Decisions, Journal of Applied Social Psychology, 36, 5, 1145-1159.

  • Leary, M.R., Kowalski, R.M. (1990) Impression Management: A Litterature Review and Two-Component Model, Psychological Bulletin, 107, 34-47.

  • Levashina, J., Campion, M.A. (2007) Measuring faking in the employment interview: development and validation of an interview faking behavior scale, Journal of Applied Psychology, 92, 1638-1656.

  • Mazzoleni, C., Facioli, F. (2006) Che cos’è l’Impression Management. Carocci, Roma.

  • Semenza, R. (2014) Il mondo del lavoro. Le prospettive della sociologia. Il Mulino, Bologna.

  • Watkins, L.M., Johnston, L. (2000) Screening job applicants: The impact of physical attractiveness and application quality, International Journal of Selection and Assessment, 8, 76-84.

Note

1 - Questa terminologia è ripresa da Goffman (1971) che presenta diverse “mosse” che un soggetto può fare quando è sottoposto ad una osservazione: la mossa non intenzionale, quella ingenua, di controllo, di smascheramento, ed infine, quella di contro-smascheramento.

2 - I risultati completi possono essere chiesti contattando la coautrice Dr.ssa Sara Actis Grosso tramite LinkedIn.

Tratto da "Personale e Lavoro n° 629 - Gennaio 2021" - Uno dei servizi dell'Abbonamento ISPER