
L’abuso dei permessi ex legge 104/92: una conferma della cassazione sulla giusta causa di licenziamento
La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 2157 del 30 gennaio 2025 ribadisce un principio ormai consolidato: l’abuso dei permessi concessi ai sensi della Legge 104/1992 per l’assistenza a familiari disabili può legittimamente condurre al licenziamento per giusta causa.
Il caso in esame riguarda un lavoratore che, anziché dedicare il tempo concesso ai fini assistenziali, lo utilizzava in parte per attività personali, come dimostrato da un’indagine investigativa.
La decisione della Suprema Corte si inserisce in un filone giurisprudenziale che mira a tutelare l’effettività del beneficio, garantendo che venga utilizzato esclusivamente per la finalità per cui è stato previsto.
Il caso e le motivazioni della Cassazione
Il lavoratore, dipendente della Dalmine S.p.A., usufruiva dei permessi retribuiti previsti dalla Legge 104 per assistere la madre disabile.
Tuttavia, un’indagine condotta da un’agenzia investigativa ha rivelato che, in diverse occasioni, egli dedicava parte del tempo concesso ad attività di svago, come lunghe uscite in bicicletta.
Sulla base di queste evidenze, l’azienda ha deciso di procedere con il licenziamento per giusta causa, una decisione confermata prima dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello di Brescia.
Il lavoratore ha quindi impugnato la sentenza in Cassazione, sollevando due questioni principali: da un lato, la presunta violazione della privacy e l’inammissibilità dell’uso di investigatori privati per il controllo dei dipendenti; dall’altro, una presunta errata interpretazione delle finalità della Legge 104.
La Suprema Corte ha rigettato entrambe le censure, confermando la legittimità del licenziamento.
Il controllo investigativo e la tutela della privacy
Uno degli aspetti più rilevanti della pronuncia riguarda la questione del controllo datoriale sulla corretta fruizione dei permessi.
Il lavoratore sosteneva che l’indagine svolta da un’agenzia investigativa avesse violato il suo diritto alla privacy.
Tuttavia, la Cassazione ha ribadito che i controlli investigativi sono legittimi quando finalizzati ad accertare atti illeciti, come l’uso improprio dei benefici previsti dalla normativa.
In altre parole, il datore di lavoro può avvalersi di investigatori privati per verificare comportamenti fraudolenti, purché tali controlli non riguardino direttamente l’adempimento della prestazione lavorativa.
Questa interpretazione si pone in continuità con precedenti pronunce della Suprema Corte, che ha più volte chiarito come il controllo investigativo sia lecito se volto a prevenire abusi e illeciti.
Il limite invalicabile, secondo la giurisprudenza, è che tali indagini non devono tradursi in una sorveglianza generalizzata del lavoratore, ma devono essere mirate alla verifica di condotte che possano ledere gli interessi dell’azienda e della collettività (sul punto, può citarsi copiosa giurisprudenza della Suprema Corte: ex multis Cass. 30079/2025; Cass. 17004/2024; Cass. 25287/2022 e precedenti compiutamente richiamati nelle decisioni stesse).


L’abuso del permesso e la giusta causa di licenziamento
Un altro punto fondamentale riguarda l’interpretazione dell’uso corretto dei permessi previsti dalla Legge 104/92.
La Cassazione ha ribadito che il beneficio è riconosciuto esclusivamente per l’assistenza del familiare disabile e non può essere utilizzato per fini personali, anche se in modo parziale.
Il lavoratore, dunque, ha l’obbligo di impiegare il tempo concesso per l’effettivo supporto al familiare, evitando qualsiasi condotta che possa configurarsi come un abuso (per pacifica giurisprudenza di legittimità, infatti, può costituire giusta causa di licenziamento l'utilizzo, da parte del lavoratore, di permessi ex lege n. 104 del 1992 in attività diverse dall'assistenza al familiare disabile, con violazione della finalità per la quale il beneficio è concesso: da ultimo, Cass. 6468 del 2024).
Nel caso specifico, la Suprema Corte ha evidenziato come l’uso reiterato del permesso per attività estranee all’assistenza configuri una grave violazione dei principi di correttezza e buona fede.
Il beneficio, infatti, comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro e viene concesso in virtù di un interesse di carattere sociale.
Se il lavoratore lo utilizza per finalità diverse, non solo tradisce la fiducia riposta in lui dall’ordinamento, ma arreca un danno al sistema di protezione dei soggetti fragili.
Le implicazioni per il mondo del lavoro
La decisione della Cassazione si inserisce in un quadro più ampio di tutela dell’integrità del sistema di welfare.
L’uso improprio dei permessi ex Legge 104 rappresenta un problema rilevante, sia in termini di correttezza nei confronti del datore di lavoro, sia per l’impatto sul sistema previdenziale e assistenziale.
Ogni abuso, infatti, rischia di compromettere l’equilibrio tra il diritto del singolo lavoratore e la necessità di garantire l’efficacia delle misure assistenziali.
Dal punto di vista giuridico, la sentenza conferma un orientamento rigoroso nell’accertamento degli abusi, ponendo una chiara responsabilità in capo al lavoratore.
Non si tratta di una limitazione del diritto all’assistenza, bensì di un’esigenza di trasparenza e correttezza nell’utilizzo degli strumenti di tutela sociale.
Il messaggio che emerge è chiaro: chi gode di un beneficio assistenziale deve farne un uso rigorosamente conforme alla sua finalità, pena il rischio di subire provvedimenti disciplinari fino al licenziamento per giusta causa.
Conclusioni
La sentenza della Cassazione n. 2157/2025 rappresenta un ulteriore tassello nella giurisprudenza sul corretto utilizzo dei permessi ex Legge 104/92.
Confermando la legittimità del licenziamento per giusta causa in caso di abuso, la Suprema Corte ribadisce l’importanza di un uso responsabile e conforme alla normativa di tali strumenti.
Questa pronuncia, oltre ad avere un forte impatto sul diritto del lavoro, costituisce un monito per lavoratori e datori di lavoro: da un lato, invita alla massima correttezza nell’utilizzo dei permessi retribuiti; dall’altro, legittima le imprese a intervenire quando vi siano fondati sospetti di condotte fraudolente.
La tutela dei diritti dei lavoratori e la lotta agli abusi devono procedere di pari passo, per garantire un equilibrio tra esigenze aziendali e protezione delle categorie più deboli.
Articolo scritto per "ISPER HR Review" - n° 241 del 12 Febbraio 2025 - da Pasquale Dui e Luigi Antonio Beccaria
Immagine di apertura: elaborazione su Foto generata con ChatGPT
Frecce: elaborazione su foto di Veronica Bosley da Pixabay