Area
Cultura delle Risorse Umane

Topic
Lavoro

Massimo Neri

N° 86

6 ottobre 2021

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Gestione di Risorse o relazione con Persone? What else?
Riflessioni su teoria e pratica

Tradizionalmente, la letteratura scientifica e la pratica che si sono interessate al rapporto soggetto-organizzazione si sono caratterizzate per una impostazione concentrata a gestire risorse e una che, opponendosi alla prima, mette al centro dell’analisi e dell’intervento organizzativo la persona, attribuendo alla funzione manageriale un significato evidentemente meno prescrittivo, riproponendo il dilemma, trasversale ad autori e scuole, tra sistema e soggetto, oggettivismo e soggettivismo, generalizzazione e personalizzazione delle pratiche.

L’impostazione che nel tempo si è consolidata come il mainstream teorico-pratico e ha dato origine al filone dello Strategic Human Resource Management è ispirata da una concezione funzionalista dei fenomeni organizzativi, che privilegia la logica e i requisiti di funzionamento del sistema.

L’alternativa, di matrice anti-positivista, è espressione del rifiuto dell’impostazione spersonalizzante oggettivista-funzionalista e del convincimento che non si possa conseguire il benessere del soggetto perseguendo prioritariamente l’adattamento di questo agli obiettivi sistemici.

Nel recente testo collettaneo Humans, resources, or what else? (http://www.taoprograms.org/humans-resources-or-what-else/) si espongono, anche criticamente, queste tradizioni di studio e intervento che originano dal campo organizzativo, sociologico, psicologico e gius-lavoristico.

Nel libro si descrive come, recentemente, l’impostazione di mainstream sembri mostrare una crescente attenzione alla dimensione “personale” del rapporto soggetto-organizzazione, con un meno marcato orientamento top-down ed una maggior sensibilità verso la customizzazione degli interventi organizzativi. Sono Martina Giannecchini e Anna Chiara Scapolan a dare conto di come la “gestione strategica delle risorse umane” sia sempre più attenta agli interessi dei soggetti e del contesto sociale di cui essi e l’impresa sono parte.

Al contempo, i contributi a carattere soggettivista sembrano confrontarsi in modo più pragmatico con le questioni inerenti la performance, il coinvolgimento e la sostenibilità-competitività a livello aziendale. Francesco Maria Barbini sottolinea come questi studi di critical management, pur esprimendo severe valutazioni sull’orientamento dominante, propongano sviluppi a carattere gestionale, ad esempio riguardo a formazione e valutazione.

Ecco quindi giustificarsi l’ipotesi - formulata nel capitolo introduttivo da Massimo Neri - che le recenti proposte teorico-pratiche sul rapporto tra soggetto e organizzazione non riflettano, come ci si attenderebbe, una netta opposizione tra orientamenti oggettivisti, rivolti alla gestione delle “risorse umane”, e orientamenti soggettivisti, volti alla valorizzazione della relazione con le “persone". Ed ecco emergere la necessità di una riflessione sulla plausibilità e sulle conseguenze di questa (ipotizzata) convergenza, che non trascuri di evidenziare le contraddizioni teorico-metodologico che tale direzione può produrre.

Questa riflessione è sviluppata nei capitoli successivi del libro da diverse prospettive disciplinari.

Anzitutto il capitolo di Marco Zamarian si concentra sui problemi di ordine teorico e le difficoltà di ricerca empirica che emergono da una rigorosa critica interna della letteratura di gestione delle risorse umane. Zamarian evidenzia in particolare le difficoltà di interpretazione dei nessi causali tra qualità delle persone, politiche aziendali e prestazioni di impresa e l’uso di tecniche di indagine inadatte ai problemi di ricerca affrontati.

Leonardo Pompa e Matteo Rinaldini suggeriscono una prospettiva di sociologia della scienza per comprendere l’evoluzione dell’idea di “risorse umane”, interpretata come prodotto delle dinamiche sociali dei gruppi di ricerca che ne hanno trattato nel corso degli anni.

Luca Vecchio ricorda come la prospettiva della psicologia del lavoro sia specificamente rivolta alla “persona”, per peculiarità e rilevanza antropologica del suo campo di studio. Tale disciplina guarda alla complessità dei comportamenti umani, alla totalità del soggetto nel corso della sua azione, e non può prescindere dal riferimento alla soggettività e al vissuto esperienziale nell’interpretazione dell’agire individuale. Tuttavia negli attuali contesti organizzativi la psicologia del lavoro trova rilevanti difficoltà a esprimere tale orientamento alla persona, e ciò induce a interrogarsi su come affrontare le trasformazioni delle attività di lavoro, ma anche sui propri strumenti concettuali e di ricerca.

Riccardo Del Punta affronta la questione dal punto di vista del diritto del lavoro, disciplina che, come la psicologia, propone per i suoi caratteri costitutivi un orientamento alla tutela della persona, sia pure in difesa di interessi collettivi più che di bisogni dei singoli soggetti. Del Punta evidenzia come l’orientamento tradizionale del diritto del lavoro, di natura meramente protettiva, necessiti di un adeguamento in grado di promuovere lo sviluppo delle capacità dei lavoratori, affinché il riconoscimento del soggetto permetta di affrancarsi dal consolidato carattere paternalistico dello stesso impianto normativo.

I tre capitoli conclusivi rispondono all’invito, espresso nel testo introduttivo oltre che implicitamente nel titolo, ad andare oltre l’opposizione tra “risorse” e “persone” e contribuiscono a delineare una alternativa processuale che si focalizza – in termini di analisi e intervento - sul governo dei processi di lavoro.

Giovanni Masino concentra l’analisi sugli obiettivi dei processi d’azione. Il carattere fondamentale della intenzionalità, proprio di ogni azione umana, sia essa coordinata e organizzata, sia del singolo soggetto, rende vana qualsiasi pretesa oggettivista e al contempo svela le debolezze delle interpretazioni soggettiviste. Masino, sulla scia dell’insegnamento di Herbert Simon, propone come alternativa la visione dell’azione umana come processo continuo di ricerca, apprendimento, di decisione.

Massimo Neri e Angela Perulli propongono di riflettere sul “modello di uomo” adottato nelle due principali tradizioni richiamate. L’uomo è risorsa adattabile all’organizzazione se essa è concepita come sistema predeterminato. L’uomo è invece agente “strategico”, che si oppone alle costrizioni espresse dal sistema “costruito”, prodotto delle interazioni tra attori sociali. Una terza concezione di uomo pone l’accento sulla natura processuale, propria sia dell’azione individuale, sia delle strutture sociali, che sono al contempo ambito e prodotto dei processi d’azione dei soggetti. Il riferimento è in particolare al pensiero di Norbert Elias e a un “modello di uomo” non rappresentato dalla dicotomia attore sociale completamente vincolato vs libero.

Bruno Maggi invita a riflettere sui presupposti epistemologici delle teorie e delle pratiche associate all’idea di “risorsa umana”. Al modo di vedere organicista-funzionalista, ormai dominante da più di due secoli, si contrappone, oltre all’alternativa soggettivista anche una “terza via” processuale - evocata da grandi studiosi come ad esempio i sopracitati Simon ed Elias - che può costituire una concreta risposta all’interrogativo che ha attivato il dibattito.

L’invito che questo testo contiene è quindi quello di continuare il lavoro di ricerca e il dialogo sul tema, tenendo vivo un confronto che, nelle legittime contrapposizioni teorico-metodologiche, ci si augura privo di ambiguità e retorica, ed evitando di dare per scontate questioni cruciali non risolte, come le concezioni di uomo e quella di organizzazione.

Presentazione a cura di Massimo Neri
Per contatti con l'Autore: massimo.neri@unimore.it

Il volume è scaricabile gratuitamente dal sito "Tao Digital Library" all'indirizzo http://www.taoprograms.org/humans-resources-or-what-else/

Immagine iniziale: foto di PublicDomainPictures da Pixabay
Frecce: elaborazione su foto di Veronica Bosley da Pixabay