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Cultura delle Risorse Umane

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Elisabetta Crolla Gianolio

N° 75

24 giugno 2021

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RAPPORTO SULLA POPOLAZIONE. L'Italia e le sfide della demografia

Associazione Italiana per gli Studi di Popolazione

Rapporto sulla popolazione. L'Italia e le sfide della demografia

Il Mulino 2021, pagg. 264, € 18,00

Il Rapporto, promosso dal Consiglio Scientifico dell’Associazione Italiana per gli Studi della Popolazione, documenta le tendenze demografiche dell’Italia nei primi vent’anni del terzo millennio.
La demografia, per il nostro Paese, è un tema inevitabilmente rilevante nel dibattito culturale, scientifico e politico, a livello nazionale come locale.
E non può non essere al centro della nostra attenzione, perché le tendenze della popolazione italiana degli ultimi anni sono eccezionali, spesso estreme, se vengono comparate a livello internazionale.
Un’attenzione che resta però spesso implicita, piuttosto che formalizzata ed esplicita. Il dibattito culturale sulla popolazione, inoltre, non ha ancora sortito un impatto adeguato sulla formulazione di politiche.

I dati e gli schemi di analisi mostrano come la demografia italiana degli ultimi decenni sia estrema, tanto che nel Rapporto si parla di “eccezionalismo demografico italiano”.

Sia per quanto concerne diverse dimensioni cruciali - la struttura invecchiata per età, la bassa fecondità, la lunga transizione dei giovani allo stato adulto, i forti legami familiari, la lunga durata della vita, la rapida crescita della popolazione straniera -, sia in particolare per la velocità del declino demografico in alcune aree del Paese.

Quali sono i principali elementi di tale eccezionalismo?

  1. Anzitutto le nascite, anche per l’assenza di politiche a sostegno delle famiglie numerose. Nel 2000-2020, si consolidano tre tendenze:
  • le nascite a età elevate (30,4 anni nel 2000 e 32,7 nel 2019), e una quota di nati da madri oltre i 40 anni triplicata durante il periodo considerato (7,5% nel 2019);

  • l’inversione dei differenziali territoriali storici all’interno del Paese (il Nord, l’area caratterizzata dai comportamenti familiari e dai rapporti di genere più vicini a quelli del resto dell’Europa, supera il Centro-Sud come l’area con livelli di fecondità più elevati all’interno del Paese);

  • il ruolo degli stranieri nella fecondità italiana (una quota, stabilizzata, del 15% dei nati ha entrambi i genitori stranieri).

  1. L’incremento nel numero di morti dal 2000 al 2019 è essenzialmente da ricondurre ai cambiamenti nella struttura per età della popolazione, con l’aumento del peso della popolazione anziana.
    Il numero annuo di decessi supera i 600.000 nel 2012 per la prima volta dopo il 1945, in tutt’altre condizioni di salute e benessere.
    Il 2020 è stato indelebilmente segnato dal Covid-19, con un incremento nel numero di decessi superiore ai 100.000, rispetto alla media dei cinque anni precedenti.
    Nei vent’anni analizzati nel Rapporto, il cosiddetto “saldo naturale”, la differenza tra nascite e morti, è rimasto costantemente negativo, fatto salvo per il 2004 e per il 2006.
    Anche in questo caso, il 2020 segna un nuovo record, con un “saldo naturale” negativo pari a 342.000 unità.
  2. La crescita della popolazione italiana, fino al picco storico del 2015 (60.800.000 abitanti), è stata sostenuta negli ultimi anni in modo particolare dall’incremento dell’immigrazione.
    Dopo il 2000, i flussi in entrata di stranieri rimangono sostenuti per l’intero periodo.

In una situazione di persistente bassa fecondità e alta longevità (senza tener conto dei movimenti migratori), è inevitabile che aumenti la quota di popolazione in età elevate.

L’invecchiamento della popolazione non coinvolge, infatti, solo l’Italia, tanto che si parla di global ageing. Ma il nostro Paese è a livelli da record, insieme al Giappone.

La seconda parte del Rapporto affronta il tema del legame tra disuguaglianze e demografia, con un focus particolare sui percorsi di vita individuali.

Alla base del corso di vita, l’istruzione è l’aspetto centrale.

Le scelte delle famiglie e dei ragazzi nei percorsi educativi mostrano come, nonostante l’allargamento della platea demografica dei giovani che riescono a ottenere un diploma di scuola secondaria, il passaggio all’istruzione terziaria e la conclusione positiva del percorso universitario rimangano ancora appannaggio dei ragazzi (e soprattutto delle ragazze) diplomati nei licei classici e scientifici, con un’alta valutazione e nelle regioni settentrionali.

Si rileva, inoltre, come il mancato raggiungimento di obiettivi formativi e l’abbandono scolastico divengano una componente importante della vulnerabilità giovanile soprattutto in termini di occupazione.

A tutto ciò si aggiunge l’assenza di politiche rivolte alle nuove generazioni, che rende i giovani italiani anche più scoraggiati rispetto ai loro coetanei europei nella ricerca di un’occupazione nel proprio Paese e li spinge, di conseguenza, a recarsi a lavorare all’estero, dove sono peraltro molto apprezzati.

Un altro fattore importante che genera diseguaglianze all’interno della popolazione italiana è il luogo dove si nasce e si cresce.

Il territorio italiano è estremamente eterogeneo: oltre allo storico divario Nord-Sud, da qualche decennio si fa riferimento anche al divario centro-periferie, dove la differenza è data dalla distanza da importanti infrastrutture, quali scuole, ospedali, mezzi di trasporto.

Il Rapporto si conclude con il fenomeno demograficamente più conosciuto - il processo di invecchiamento della popolazione e le sue implicazioni per lo stato di salute.

Si deve però rilevare che, di fronte a una popolazione che invecchia, le condizioni di salute della popolazione in generale - e degli anziani in particolare - sono migliorate nel periodo considerato.

Recensione a cura di Elisabetta Crolla Gianolio

Tratto da "Panorama Risorse Umane" - Documentazione e notizie su Sviluppo e Gestione delle Persone - Uno dei servizi dell'Abbonamento ISPER

Foto di Gerd Altmann da Pixabay
Frecce: elaborazione su foto di Veronica Bosley da Pixabay