1991 - 2005 NELLA GLOBALIZZAZIONE E OLTRE

Nel 1989 il segnale che il mondo è cambiato un'altra volta.

Crollano, con il muro di Berlino molti altri muri, costruiti su vecchi "squilibri" e vecchie "incertezze".

È un nuovo "dopoguerra" con un solo vincitore, nuovi squilibri e nuove incertezze.

Crisi economiche strutturali e congiunturali (taglio delle spese per la difesa) riportano in rosso i bilanci delle aziende e respingono un'altra volta al margine le risorse umane, non più strategiche, ma nuovamente costi da ottimizzare.

È tempo di globalizzazione e di flessibilizzazione (vera o falsa) ma anche di responsabilità sociale (vera o falsa).

LA STORIA DELL'ISPER...
 

1991 - 2005

LA SFIDA DELLA COMPLESSITÀ

Le organizzazioni si sono rivelate come le avevamo immaginate: conglomerati di diversità.

In questa compresenza delle diversità, la "sfida della complessità" si fa sempre più complessa.

Alla gestione sono necessari tutti gli strumenti disponibili messi a disposizione dalle tecniche, ma anche modelli, griglie, schemi di interpretazione, per cogliere le uniformità nella frammentazione, le costanti nell'aleatorietà.

Ed è in questa direzione che l'ISPER concentra ulteriormente la sua attenzione e tenta di guardare ancor di più alle risorse umane in una prospettiva dinamica (passato e futuro) ed allargata (addetti ai lavori e no):

  • di esplorazione/riflessione, con documenti

  • di storia (La Direzione del Personale fra Politica e Professionalità, 1992)

  • di rievocazione (Professione Personale, 1992)

  • di "critica" (La Gestione Complessa delle Risorse Umane, 1995);

  • di visione dall'esterno/interno, con

    • ricerche sugli Scenari (da fonti dentro ed anche fuori del mondo aziendale) o sui Bilanci (da documenti formali, operativi all'interno ed informativi per l'esterno)

    • riviste "strategiche" (Risorse Umane Focus, per i direttori generali, 1992) e "professionali" (Docu/per, per i direttori del personale, 1992);

    • di approccio "concentrico", gli incontri Multifocus; nei quali interessi, esperienze e professionalità differenziate si "incrociano" intorno a temi a contenuto differenziato; qualche titolo: I Fringe Benefits, Misurare il Capitale Umano, Privacy e Direzione del Personale, Valorizzare i Talenti e le Conoscenze, Il Mobbing

Senza naturalmente perdere di vista l’attualità: strumenti informativi e formativi sui temi via via di interesse; fra gli altri,

  • la rilevazione del clima,

  • la sistematizzazione delle retribuzioni,

  • il trattamento dei lavoratori stranieri,

  • la previdenza integrativa,

  • gli orari di lavoro,

  • l'euro.

E, accanto, due attenzioni costanti, le tecnologie del futuro e… il futuro:

  • l'informatizzazione: è ormai totalmente informatizzata tutta la documentazione (periodici, documenti, edizioni…) e molta della ricerca, ad esempio, i Benchmark Lampo sulla Direzione del Personale; il reperimento delle informazioni e dei testi di interesse è stato reso più agevole e razionale con un sistema di parole-chiave;

  • la Fondazione ISPER ("per una cultura delle risorse umane") istituita soprattutto per "guardare avanti", è attenta ed attiva; il suo ultimo convegno, del novembre 2004, è stato dedicato al tema che consideriamo cruciale per l'Italia di oggi e di domani: Quali Risorse Umane per la Competitività.

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...E QUELLA DELLA DIREZIONE DEL PERSONALE

1991-1995

PAROLA D'ORDINE: RIDURRE IL PERSONALE

"La festa è finita" la celebre frase dell'avv. Agnelli può essere l'emblema del quinquennio 91-95.

Con la caduta del muro di Berlino è cambiato completamente lo scenario internazionale e di riflesso anche quello italiano.

Alla guerra fredda segue una apertura della ed alla sfera ex sovietica con prospettive di pace e di sviluppo economico. Ma al lungo boom degli anni ‘80 segue una crisi economica mondiale in parte fisiologica in parte dovuta alla riduzione delle spese per la difesa.

Dopo cinquanta anni di riferimenti ideologici precisi ed indiscussi si diffonde un largo disorientamento sul piano delle idee, dei valori, delle cause per cui val la pena di lottare.

Le società e le persone si ripiegano in se stesse, diventano importanti valori che sembravano secondari sul piano politico, sociale, individuale.

I cambiamenti in Italia sono prima lenti e poi sempre più rapidi e travolgenti. Sul piano politico scompaiono vecchi partiti e la classe politica che ha dominato nel decennio precedente ètravolta, ma lo scenario in continua trasformazione non apre orizzonti chiari. L'incertezza e la confusione dominano.

La crisi economica mondiale provoca profonde ristrutturazioni di molte e mitiche aziende multinazionali per la prima volta toccate da queste problematiche. Per le aziende italiane abituate alle crisi periodiche, le ristrutturazioni non preoccupano più di tanto. I floridi bilanci degli anni '80 si trasformano in "rossi" pesanti.

La riduzione dei costi, di ogni costo e ad ogni costo è la via seguita; la riduzione del personale un imperativo.

Addio investimenti in risorse umane; addio sviluppo, sistemi premianti, cultura aziendale e tutto quanto di innovativo era stato fatto dalle aziende negli anni '80.

Per la prima volta le ristrutturazioni toccano pesantemente i dirigenti, i quadri, gli impiegati, tradizionalmente considerati l'alter ego dell'imprenditore. La Cassa integrazione aumenta, la disoccupazione - specialmente giovanile - cresce e contemporaneamente si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro italiano masse di immigrati dall'est e dal terzo mondo.

La crisi economica accelera un processo inevitabile e già in corso: il ridimensionamento dello stato sociale.

Nuove problematiche si presentano alla direzione del personale: a quale età si andrà in pensione? a quali condizioni? Il problema esploso nell'autunno '92 si protrae con esasperanti conflitti fino all'estate '95.

In questi anni di travaglio i sindacati rimasti marginali per oltre due lustri riacquistano un ruolo determinante in particolare con l'accordo sul costo del lavoro e nella riforma del sistema pensionistico.

Il 1992 rappresenta un anno storico, di svolta, che verrà ricordato e sempre più enfatizzato nei prossimi decenni.

Dopo secoli di sviluppo economico e di miglioramento delle condizioni di lavoro, per la prima volta le rivendicazioni e le prospettive non sono di "ottenere di più" ma di "perdere di meno".

Diminuiscono i salari reali, aumenta il lavoro nero e la disoccupazione, si riduce la previdenza e l'assistenza sociale, peggiora la qualità della vita sotto ogni aspetto.

Sul piano tecnologico la rivoluzione informatica e delle comunicazioni trasforma profondamente l'organizzazione del lavoro sia tecnico che amministrativo rendendo obsolete molte risorse umane e professionalità, riducendo fortemente i costi, consentendo processi organizzativi impensabili fino a pochi anni fa. La cultura della qualità sviluppatasi alla fine degli anni '80 produce effetti abbastanza positivi sui prodotti, sui servizi, nei rapporti.

Nell'indiscriminato processo di riduzione dei costi vengono travolte molte politiche e tecniche del personale.

Anche il numero degli addetti alla funzione si riduce.

La formazione attraversa il suo sesto ciclo di crisi degli ultimi cinquanta anni: è forse la crisi più pesante.

Il 1995 vede ancora l'ennesimo "miracolo italiano". I bilanci tornano in attivo, le esportazioni volano. Ma quante incognite: l'inflazione? il potere di acquisto delle retribuzioni? l'occupazione? la qualità della vita di lavoro? l'organizzazione dei tempi di attività e ludici? la mobilità, la previdenza? chi trarrà benefici da questi cambiamenti e dalle sfide dei prossimi anni? chi sarà penalizzato?

Forse pochi i primi, certamente molti i secondi.

La grande opportunità di valorizzazione della funzione personale per l'introduzione e la gestione della qualità nelle aziende, in particolare in quelle di servizio, dove mancava assolutamente una tradizione, sia pure con filosofia e metodologie diverse, come nelle aziende di produzione, sfuma gradualmente fino a "perdere definitivamente il treno".

Le cause sono fondamentalmente due:

1 il forte impegno nella riduzione del personale assorbe le energie dei direttori del personale e toglie spazio per promuovere la cultura della qualità;

2 il fenomeno qualità, tranne pochi casi significativi, si rivela una moda passeggera, anche se ha dato un contributo ad una riflessione sul ruolo delle risorse umane nelle aziende.

Anche la denominazione della funzione cambia in molte aziende, specialmente in quelle soggette a ristrutturazioni, dove per "pudore" si parla meno di risorse umane. Ritorna a prevalere la tradizionale "Direzione del Personale" mentre nell'opinione pubblica e nella stampa l"'ufficio del personale" viene presentato come la faccia cattiva dell'azienda.

Vanno in crisi le funzioni sviluppo e formazione, ricupera ruolo la funzione sindacale, si complica la funzione amministrazione del personale.

Per l'attuazione delle direttive europee in materia di sicurezza, una complessa legislazione pone grossi problemi tecnici e gestionali negli anni 94-95.

Non è agevole il ruolo della funzione personale in questo contesto.

Ma affascinante è la sfida.

1996-2000
DALLA OLD ALLA NEW ECONOMY

Dal 1997 si fa avanti anche in Italia una nuova forma di lavoro: quello interinale che, dopo un avvio lento, prende significativamente piede: le aziende ancora terrorizzate dalla "rigidità", stregate dalla parola d'ordine "flessibilità", preferiscono inserire risorse esterne "interinali", ad un costo superiore a quello del personale dipendente ma il problema è gestito da altri.

Analogamente hanno un grande sviluppo le forme di lavoro cosiddette "atipiche", in particolar modo la collaborazione coordinata e continuativa.

Inoltre sempre più robusti sono i processi di esternalizzazione di funzioni aziendali (in particolare l'EDP).

Per quanto riguarda la direzione del personale si affidano spesso all'esterno, a società di servizi esterne o di gruppo, in particolare l'amministrazione del personale e la formazione.

Lavoro interinale, lavoro atipico, esternalizzazione e tanti altri provvedimenti sono la via tutta italiana che porta il mondo del lavoro ad essere il più rigido e contemporaneamente il più flessibile tra quelli occidentali; scavando nelle pieghe delle centinaia di leggi, decreti, circolari è praticamente possibile fare di tutto e il contrario di tutto. Resiste (per quanto?, con quali conseguenze?) ancora il caposaldo dell'impossibilità al libero licenziamento.

La flessibilità si associa alla precarizzazione.

Dopo anni di spezzettamento delle aziende, si assiste a un massiccio fenomeno di fusioni, incorporazioni, aggregazioni che porta in alcuni ambiti quale quello bancario ad esempio, alla creazione di veri e propri colossi che ormai superano come numero di risorse umane le più grandi realtà industriali.

Alla fine del quinquennio esplode il fenomeno rivoluzionario di Internet che permea la vita di tutti e anche il mondo del lavoro.

Come in tutte le rivoluzioni nascono decine di aziende che vanno a costituire la cosiddetta "new economy", aziende in cui i paradigmi classici di gestione delle risorse umane vanno rivisti e rivoluzionati.

Dopo aver "perso il treno" della qualità, la Direzione del Personale all'inizio del quinquennio è ancora prevalentemente assorbita in tagli e razionalizzazioni.

Perde quindi, nelle realtà non industriali, anche il treno della sicurezza del lavoro, che in questo tipo di aziende avrebbe dovuto vederla come attore principale.

Gli aspetti di comunicazione e formazione sono prevalenti in queste aziende rispetto a quelli tecnologici.

In un ambito in cui le innovazioni in materia di organizzazione e sviluppo delle risorse umane sono pressoché assenti, in cui le relazioni sindacali sono "tranquille", in cui la consistenza numerica della funzione si è ridotta avendo esternalizzato molte funzioni, che ruolo svolge la Direzione del Personale?

È in effetti alla ricerca di un ruolo.

In assenza di innovazione ovunque si cerca il confronto con gli altri (benchmarking).

In alcune realtà, specie della new economy, si concentra sul problema della gestione delle risorse ad alto potenziale cercando nuove forme economiche (stock options) e non, per trattenere e sviluppare queste risorse umane strategiche per forza.

In altre aziende cerca di assumere un ruolo, già abbastanza presente in alcuni paesi, di consulente strategico dell'alta direzione.

Ovunque è comunque alle prese con una polarizzazione molto netta delle risorse: da un lato i pochi o molti "alti potenziali", dall'altra una crescente massa di lavoratori non strategici per l'azienda o addirittura non direttamente dipendenti dalla stessa.

In alcune aziende comincia a essere presente e a dover essere gestito un problema del tutto nuovo in Italia, quello della gestione della multiculturalità, con l'inserimento crescente in azienda di lavoratori provenienti da aree culturali e religiose molto differenti da quella europea e italiana.

Si assiste comunque ad un fenomeno di "ignoranza di ritorno" all'interno delle direzioni del personale.

Dopo anni di mancanza di inserimenti di giovani e con il (pre)pensionamento di un gran numero di risorse, coloro che entrano hanno una infarinatura teorica delle tecniche di moda (una per tutte la gestione delle competenze), ma hanno spesso bisogno di imparare l'ABC delle tecniche del personale, non potendole apprendere in azienda dagli "anziani".

2001 E OLTRE
COMPRESENZA DELLE DIVERSITÀ

Il mondo sarà unipolare e multiculturale.

Vedrà ancora crisi prevedibili (petrolio?) e inattese, alla ricerca di un nuovo ordine. La new economy continuerà a strattonare la vecchia.

L'Europa, si consoliderà, cautamente; magari si allargherà; quasi certamente incontrerà difficoltà (ancora euro?).

L'Italia non sarà l'eccezione, tra alti e bassi inevitabili e costanti obbligate: rincorsa - un po' dubbiosa - al mercato, tra privatizzazioni più o meno riuscite e riforme dello stato sociale più o meno tentate; cammino - un po' circospetto - verso l'Europa e le sue regole.

Nuovo e vecchio, consueto ed insolito in definitiva coesisteranno, in una sorta di compresenza delle diversità che sarà probabilmente il dato unificante di medio periodo: non questo o quello, ma questo e quello.

E le risorse umane? Costi critici e leve strategiche, contestualmente.

Nello stesso tempo, nella stessa organizzazione, che tenderà sempre più ad essere un conglomerato di diversità:

gerarchie e reti, regole e comportamenti, personale dipendente e no, stabile e precario, multi etnico, bassi ed alti potenziali... I primi, la maggioranza, sostanzialmente fungibili, da "flessibilizzare"; i secondi, pochi, determinanti, da valorizzare e "stabilizzare".

Come gestirli tutti, insieme? Con una Direzione del Personale (quale che sia la sua denominazione...) in grado di fronteggiare la complessità con le competenze complesse. Di mettere - come sempre - l'uomo giusto al posto giusto, ma anche di predisporre il posto giusto (risorse umane come variabili organizzative primarie) e soprattutto di operare al momento giusto (Risorse Umane non solo centrali, ma mobili ed evolutive entro strutture deboli e mutevoli).

Che gestisca secondo quantità, regole e negoziazioni e, insieme, valorizzi secondo qualità, strategie e potenziali.

Modulando tutte le sue funzioni: amministrazione e relazioni sindacali, sicurezza ed ambiente, formazione e sviluppo, pianificazione e costi.

Come in questi ultimi 35 anni, in fondo: una costante fra alti e bassi anch'essa.

Però con l'esigenza di professionalità più profonde ed articolate e con la consapevolezza di un ruolo impegnativo e determinante.

Una sfida vecchia e nuova, anche per l'ISPER.

A posteriori possiamo dire che quelle che erano anticipazioni (o previsioni o ipotesi) non sono state troppo smentite dai fatti.

Certo, la new economy è stata riportata ad un ruolo più aderente alla realtà; certo, gli alti e bassi si sono rivelati più bassi che alti; certo, l'Europa (e l'euro) stanno incontrando più difficoltà del previsto.

E soprattutto nessuno aveva messo in conto le torri gemelle.

Che tuttavia non hanno cambiato i problemi; li hanno semmai resi più evidenti e drammatici. E non hanno cambiato la unipolarità; la hanno semmai resa più esplicita e risoluta.

E la globalizzazione più incombente e controversa.

Ma le organizzazioni si sono rivelate come le avevamo immaginate: conglomerati di diversità.

E le risorse umane anche: diversificate e convergenti.

E così i modi per gestirle.

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