1981 - 1990 LA SVOLTA E GLI "ANNI TRANQUILLI"

Dal prepotere dei vertici a quello delle basi potrebbe essere il sigillo di quegli anni settanta: un'ascesa conflittuale che, poco a poco, è andata rivendicandosi da sola e progressivamente ha prodotto reazioni sempre più forti.

Così, l'ottobre 1980 è stato l'avvio simbolico (ma non solo) di un'altra stagione, che potremmo definire "autunno freddo".

E, contemporaneamente, la certificazione di un mutamento di scenario profondo e rapido, di un salto quasi mortale dal preindustriale (con i suoi vecchi valori) al postindustriale (con i suoi nuovi problemi).

Fra i quali, un diverso ruolo dell'azienda e delle sue risorse umane.

La "semina" dell'ISPER (e di molti altri naturalmente) sembrava aver dato i suoi frutti.

LA STORIA DELL'ISPER...
 

1981 - 1990

QUALE LAVORO DOMANI?

I due percorsi si sono confusi, o meglio, quello conflittuale ha lasciato il posto ad approcci in cui le risorse umane acquistano per la prima volta una dimensione non strettamente rivendicativa e "quantitativa".

Sulla scala di Maslow, si va oltre i primi gradini; ai bisogni primari subentrano altri, più "sofisticati", quelli sociali e dell'io.

E i temi maggiormente alla ribalta non sono più quelli amministrativi, normativi, negoziali, ma di sviluppo. Dunque, retribuzione (ma di merito) pianificazione, formazione, psicologia, motivazione.

Con due novità importanti, una strumentale, l'informatizzazione, l'altra "filosofico-gestionale", la qualità totale.

L'ISPER concentra le sue attività entro questa logica. E allora, ricerca, documentazione, formazione, assistenza su:

  • Le Risorse Umane nella Pianificazione Aziendale (1981).

  • La Pianificazione delle Carriere (1982).

  • La Retribuzione (Retribuzione 80, già nel 1978, Sistemi Incentivanti per Quadri e Dirigenti, 1980).

  • La Psicologia del Lavoro negli Anni 80 (1980); e l'Automatic Testing per la Selezione del Personale (1989).

  • L'Analisi Transazionale (dal 1981 in poi).

  • Motivazioni del Personale e Modelli Direzionali (dal 1980 in poi).

  • Le Relazioni con il Personale (1982).

  • La Valutazione del Personale ("base zero", "obiettivi vite senza fine").

  • La Formazione (due Manuali generali e poi Informatica e Formazione, l'Auto-formazione 1989, l'Abc dell'Imparare Facendo, 1989).

  • Orari e tempi di lavoro e qualità della vita (dal 1988).

  • La Qualità: dal 1982, i Circoli, l'Impresa Zero Difetti (1990) e poi seminari, documenti, numeri speciali, rubriche.

  • Un nuovo "primo" Corso di Specializzazione non più sui "problemi del lavoro", ma dedicato alla Gestione delle Risorse Umane (1989).

Ad aprire e chiudere il periodo, due riflessioni e proposte "professionali", sulla strutturazione della Funzione (Dalla Direzione del Personale alle Relazioni Aziendali, 1980) e sull'evoluzione del lavoro (Quale lavoro domani? , 1990)

Iniziative e temi che (insieme a molti altri) confermano il mutato "clima":

  • spazio meno ampio alla normativa ed agli aspetti sindacali;

  • risorse umane non solo da ottimizzare, ma da "sviluppare" in quanto variabili primarie, se non strategiche.

--- ooo ---

...E QUELLA DELLA DIREZIONE DEL PERSONALE

LA SVOLTA E LA CONVERSIONE
LA STRATEGIA DELLE RISORSE UMANE

Negli anni '70 si verifica una crisi generale in Europa (mancato sviluppo economico, conflittualità sociale, calo della produttività, dissesti aziendali, inflazione a due cifre). Si attribuisce generalmente alla crisi petrolifera quello che in realtà era dovuto ad invecchiamento, obsolescenza del modo di vivere e di lavorare degli europei.

Nelle aziende l'organizzazione del lavoro, gli stili di direzione, le relazioni sindacali, la concezione della vita, i valori erano rimasti quelli degli anni '20, '30, o pressappoco, mentre il mondo era cambiato profondamente a causa di altre civiltà emergenti e delle grandi innovazioni tecnologiche.

La cultura marxista dominante negli anni '70, e che tramonterà definitivamente alla fine degli anni '80, un paleocapitalismo ancorato a schemi ottocenteschi, avevano impedito di capire dove stava andando il mondo. Nell'80 la svolta, avvenuta non si sa se per la forza della disperazione (il pesce quando è nella rete comincia a riflettere) o per l'intuizione, l'intelligenza di pochi coraggiosi ed onesti (sono sempre state le Elite a cambiare il mondo). Emblematica di questa è la marcia dei quarantamila della FIAT con tutto quanto l'ha contornata. Troppa enfasi è stata data a questo evento che comunque sottendeva profondi cambiamenti avviati ed attuati nel lustro '80-85.

Si era scoperto poco per volta che la vera risorsa strategica era l'uomo, non i capitali, non la tecnologia, non la finanza, non la produzione o le vendite. L'uomo come condizione per la valorizzazione dei capitali, per l'innovazione tecnologica, per la produttività e la redditività delle imprese, per l'efficienza e la qualità della produzione, per il successo delle vendite.

In questi anni avviene, in coerenza con la strategia delle risorse umane, una conversione prima nella testa della gente in generale ma in particolare nelle imprese, (i politici si adattano, la pubblica amministrazione rimane sostanzialmente ai margini) e poi nei comportamenti e nell'organizzazione. È il periodo delle grandi ristrutturazioni; avvengono più cambiamenti nelle aziende in questi cinque anni che nei venti precedenti.

Cambiano l'atteggiamento verso il lavoro, gli stili di direzione, la cultura verso l'impresa; non più il male della società ma la fonte di ricchezza e di sviluppo; i sindacati vengono di fatto emarginati, la giurisprudenza del lavoro è più comprensiva delle esigenze delle imprese; crolla l'assenteismo, riprende lo sviluppo della produttività, i bilanci aziendali tornano in attivo; tramontano i miti dell'egualitarismo, del lavoro come variabile indipendente, della conflittualità permanente.

E' il nuovo miracolo italiano, il vero passaggio da una civiltà contadina e vetero industriale, ad una civiltà industriale proiettata verso il post-industriale. Sono i cinque anni più innovativi, più emozionanti, più fecondi degli ultimi decenni.

La funzione personale e organizzazione che era stata protagonista ma in posizione di difesa nel decennio delle relazioni sindacali, rimane protagonista ma su nuove problematiche ed all'attacco. L'Italia che aveva la fama di avere la legislazione del lavoro più rigida, la magistratura del lavoro più feroce, scopre che con la fantasia, il coraggio, l'onestà, la coerenza si può fare tutto quello che sembrava impossibile.

Grandi masse di dipendenti cambiano lavoro, azienda; il lavoratore viene considerato per la prima volta nella storia adulto, non ha bisogno di eccessive tutele.

La direzione del personale, ridotto l'impegno nelle relazioni sindacali, finita l'ubriacatura psicosociologica, si dedica seriamente alle risorse umane come fattore strategico.

L'impegno si sposta dalla "manutenzione" allo sviluppo. Il capitale umano come capitale richiede di essere valutato, sviluppato, valorizzato, curato.

Funzioni attuate in passato in modo episodico, disorganico, vengono attuate con consapevolezza e coerenza (selezione, formazione, prestazioni, potenziale, carriere, comunicazioni, sistema informativo, ecc.).

Nelle direzioni del personale si affacciano nuove leve di esperti di sviluppo delle risorse umane non condizionate dal passato, con una buona professionalità, entusiaste ed attive.

Gli obiettivi della direzione del personale sono: ridurre gli organici eccedenti, ricuperare flessibilità della forza lavoro, ridurre drasticamente conflittualità ed assenteismo, ricuperare spazi di manovra e di discrezionalità, rivalutare il merito, sviluppare un sistema di relazioni interne, di dialogo diretto fra azienda e personale.

Il merito e l'efficienza della direzione del personale si misurano con le percentuali di riduzione del personale attuate ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ogni anno.

Ad attuare le ristrutturazioni sono ancora in gran parte gli uomini che avevano retto l'urto violento delle relazioni sindacali, ma di fronte alla faccia feroce si presenta una nuova faccia, dolce, suadente, ammiccante: lo sviluppo delle risorse umane.

Il direttore del personale che negli anni '70 dedicava l'80% del suo tempo alle relazioni sindacali, si trova poco per volta del tempo libero che spesso non sa come utilizzare; si riducono gli addetti alle relazioni sindacali cambiando mestiere o andando anch'essi in pensione e pochi riescono a convertirsi.

La tecnologia, l'informatizzazione entrano prepotentemente nelle aziende; l'automazione con i "Cipputi" scarica dalla porta tutti i vecchi problemi che avevano assorbito per decenni le direzioni del personale; crollano alcuni miti che negli anni '70 avevano creato l'illusione di poter risolvere i problemi del lavoro nelle aziende: i gruppi di lavoro autonomo (isole) gli stili direzionali, la direzione per obiettivi, la formazione comportamentale, la partecipazione, la gestione del conflitto, i centri di profitto, la responsabilizzazione, la divisionalizzazione, la pianificazione a lungo termine.

Si risuscitano vecchie tecniche della fase produttivistica degli anni '60 (analisi delle mansioni, potenziale, prestazioni, carriere, comunicazioni, incentivi), si predicano vecchi verbi: il lavoro di gruppo, la creatività, ma questa volta più interiorizzati, più sofferti (per la loro impraticabilità negli anni '70), più sistematizzati, più autentici e soprattutto come scelta consapevole e convinta delle alte direzioni aziendali; ai vecchi miti subentrano dei nuovi: destrutturazione, flessibilità, internazionalismo, innovazione, e si affaccia la qualità.

Fra le funzioni del personale primeggia la formazione in tutti i suoi contenuti (tecnico professionali, comportamentali, manageriali) in tutte le forme (interna, esterna, con metodi tradizionali o innovativi e sofisticati).

Non c'è azienda grande media o piccola che non investa in formazione. Esplode il mercato dell'offerta: università, scuole, istituti, società di consulenza, associazioni imprenditoriali. Molta formazione si rivela un buon investimento ma c'è molto spreco, è comunque questo un modesto prezzo da pagare rispetto agli enormi costi della conflittualità permanente; meglio la formazione permanente.

1986 -1990
GLI ANNI TRANQUILLI

Il più lungo periodo di boom economico internazionale, che ha preso avvio nell'82, si protrae, tranne un fulmine a ciel sereno (borsa americana) per tutto il quinquennio.

I valori sviluppatisi negli anni precedenti si consolidano spesso degenerando. Aumenta la produttività, i bilanci aziendali presentano risultati positivi strepitosi, la conflittualità è quasi inesistente, i sindacati tacciono, la contrattazione aziendale è limitatissima, l'assenteismo è sui livelli fisiologici.

I valori delle imprese dominano la cultura generale, il mercato è il grande protagonista dell'economia, anche lo stato assistenziale viene messo in dubbio ed in crisi. Ma quanta finanza! Si spezzano e si ricompongono le aziende con plusvalenze favolose, arriva alla borsa anche Cipputi. Il trionfalismo domina nelle aziende. Con gli anni '89 e '90 crolla il mito del socialismo reale, anche all'est si scoprono il mercato, l'impresa, la produttività, il profitto, il merito, le disuguaglianze.

I facili anni '80!

Sulla scena internazionale un paese è emerso progressivamente ma prepotentemente: il Giappone. Il paese con il più alto tasso di sviluppo, con la più alta produttività, con il più elevato tasso di innovazione. E la gestione delle risorse umane? L'azienda giapponese considerata in passato talmente diversa da non meritare di essere conosciuta e tanto meno imitata, comincia ad essere presa in considerazione. Si scopre il Giappone come nuovo maestro. Francia, Inghilterra, Germania che nel secolo scorso e nei primi decenni del '90 erano stati considerati i paesi guida nella direzione aziendale, avevano ceduto il posto agli Usa dal '30 al '70, ma questi lo cedono al Giappone negli anni '80. La sufficienza con cui si era guardata la gestione delle risorse umane nelle aziende giapponesi, lascia il posto in un primo tempo ad una più attenta considerazione e riflessione; si imitano i giapponesi pedissequamente come per i circoli della qualità, falliti miseramente come le americane "cassette delle idee" degli anni '50 e '60; i direttori del personale ad un viaggio in Usa preferiscono un viaggio in Giappone in cui guardano con invidia come le risorse umane sono veramente il fattore strategico, il vero capitale aziendale, il più importante investimento. E intanto a livello mondiale il tema della qualità, ad imitazione del Giappone, diventa il tema di attualità, la strategia del futuro.

Un nuovo ruolo per la direzione del personale? L'eccessivo trionfalismo degli ultimi anni '80 ha appiattito le menti, la creatività, l'innovazione, "quieta non movere", sembra il filo conduttore; se tutto va bene perchè cambiare.

Spesso si è saputo vincere ma non gestire la vittoria. Molti problemi non sono stati risolti; il benessere ha assopito, addormentato. I bisogni dell'uomo, diceva Maslow, non sono solo quelli legati alla sopravvivenza, ma tanto più questi sono soddisfatti tanto più si avvertono i bisogni dell'io: sociali, di stima, di autorealizzazione.

Su questa strada c'è ancora molto cammino da fare. Le due sfide che alla fine degli anni '80 verso il '90 sembrano coinvolgere di più la direzione del personale sono le comunicazioni con il personale o relazioni interne e la qualità.

Concepire le relazioni interne come manipolazione delle risorse umane è un grosso passo indietro, molto pericoloso, e la qualità solo come una necessità per far fronte alla concorrenza senza una valenza culturale, sociale ed umana è insufficiente ed inefficace.

Qualità del lavoro per sopravvivere negli anni '90 e 2000, richiede anche qualità della vita di lavoro e della vita.

Questa è la vera sfida delle imprese in cui sappiamo che c'è molto da fare, ma cosa fare è ancora da scoprire.

Certamente gli anni facili sono finiti.

Nel lustro '85-'90 la funzione personale è relativamente poco sollecitata dall'ambiente.

La strategia delle risorse umane è entrata nella cultura imprenditoriale e manageriale: non c'è imprenditore, dirigente, quadro, studioso che non parli e la dia per scontato anche se talvolta è più una espressione formale che sostanziale. Paga di essere formalmente considerata come la funzione per eccellenza per la strategia delle risorse umane la direzione del personale non fa che consolidarsi sulle problematiche emerse nei primi anni '80.

Due sono comunque i cambiamenti di ruolo.

Il primo riguarda la funzione organizzazione che, tranne per i problemi di struttura e di organici, si stacca nuovamente dal "personale" e questa riprende la sua classica denominazione "Personale", abbandonando quella di Organizzazione e Personale (non sono significative diverse denominazioni frutto più di situazioni specifiche che di elaborazioni concettuali).

Il secondo riguarda il ruolo nella gestione globale della qualità. Si riconosce generalmente che la qualità è fondamentalmente un problema di risorse umane e di cultura, per cui si dovrebbe dedurre un ruolo primario della direzione del personale; questo non è avvenuto per incapacità della funzione e degli uomini che la rappresentano o per difficoltà obiettive?

Non è stata invece una innovazione il ruolo di comunicazioni col personale o di relazioni interne; essa è sempre stata una funzione del personale più o meno strutturata, più o meno ben attuata; essa negli anni '90 è stata notevolmente enfatizzata, sistematizzata ed organizzata.

1965-1980  1981-1990  1991-2005  2006-2010  2011-2020

Dal 1965 supportiamo la
Professione Personale